Vigneti e biodiversità nelle aree protette piemontesi, in convegno a Romagnano Sesia il 4 dicembre
La coltivazione della vite è compatibile con la biodiversità? Passando in rassegna la situazione nelle aree protette piemontesi verrebbe da rispondere di sì, con tanti esempi di buone pratiche che ora, in virtù di una delibera regionale, sono diventate condizioni d’obbligo per la realizzazione dei nuovi vigneti in aree della Rete Natura 2000. Se ne parlerà in un convegno a Romagnano Sesia il prossimo 4 dicembre.
La coltivazione dei vigneti e la biodiversità sono difficili da coniugare, quando i filari si estendono in monocoltura e per cercare posizioni più vocate, si spianano i versanti eliminando la trama di spicchi di prato, siepi arbustive, alberi isolati e piante da frutto. Per decenni alla vite si è chiesto di estrarre gli umori del sottosuolo per trasferirli nel succo della bacca ma poco si è curata la comunità di piante ed organismi che vive ai suoi piedi, così, di fronte a piaghe fungine ed insetti vettori di malattie, la pianta si è indebolita al punto da necessitare molti trattamenti all’anno. Per rigenerare l’alleanza tra vite e altre specie viventi, essenziale per la produzione stessa, si può contare sulla capacità del viticoltore piemontese nell’interpretare al meglio suoli e clima per la vite, in un’ampia varietà di paesaggi viticoli, dai vigneti eroici alpini, fino alle alte colline spazzate dal ‘marino’, il vento che si incunea dal Mediterraneo.
Di questo ed altro si parlerà in occasione del convegno “Buone pratiche per la biodiversità in vigneto” che si terrà il prossimo 4 dicembre a Romagnano Sesia.
Buone pratiche per la biodiversità in vigneto
Ma non è raro trovare in Piemonte vigneti che ospitano specie ed habitat: le cinque specie di orchidee che convivono nei vigneti delle Langhe astigiane con la farfalla Maculinea arion e il discreto numero di erbe caratteristiche dei prati magri a festuche e bromi, fanno ben sperare che l’ambiente di vigna, se ben gestito, possa essere un buon surrogato del nostro habitat prioritario più diffuso, le praterie xeriche con abbondanti fioriture di orchidee. Volgendo lo sguardo alla distribuzione geografica, occorre notare che c’è tanto vigneto nelle aree protette piemontesi. Diventa così importante far convivere la pratica agricola con la biodiversità dell’intorno e in proposito, sull’onda di una ricerca di ARPA Piemonte sono state pubblicate da Regione Piemonte con la DGR 55-722 del luglio 2023 le “Buone pratiche per la biodiversità in vigneto“, come condizioni d’obbligo per la realizzazione di nuovi vigneti in aree della Rete Natura 2000.
Il connubio natura e vino nelle aree protette
Per compiere un excursus sulla naturalità dei paesaggi viticoli regionali ci sono diversi criteri cui fare affidamento. In omaggio al recente riconoscimento nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici dei vigneti del Mombarone, tra Carema e Borgofranco d’Ivrea, una distesa di terrazzi in pietra con le tipiche colonne troncoconiche dei pilun, sui quali poggiano pergolati che danno spazio nel sottochioma ad una varietà di microambienti naturali con stazioni di orchidee. Restando in zona nella ZSC Serra d’Ivrea si trova il comprensorio viticolo più ampio interno ad un’area protetta piemontese: sono i vigneti dell’erbaluce e del nebbiolo canavesano, che occupano tutta la fascia sottostante l’habitat dei castagneti. Non lontano, sull’ala morenica opposta, i vigneti proliferano nella ZSC “Scarmagno Torre Canavese – Morena destra di Ivrea» (Aglié). Sotto le topie di erbaluce nelle colline attorno al Lago di Viverone si sviluppa una copertura erbacea da prato stabile, mentre nella vicina ZSC del Lago di Bertignano i vigneti tra i muretti a secco formano un ecosistema complementare alla zona umida, in cui ci si affida all’upupa per contrastare l’avanzata della popillia. Nel vasto territorio che si riconosce nel Consorzio Nebbiolo Alto Piemonte, emblematica è la storia del nobile Boca, che forse meglio di tutti rappresenta in regione il connubio tra natura e vino. Basterebbe il ritrovamento della vite selvatica sulle pendici del Monte Fenera ma sulla strada Traversagna, che taglia il versante della montagna, è un rifiorire di vigne da quando un pioniere svizzero ha salvato l’ultimo appezzamento a maggiorina. È uno spettacolo vedere come, sotto le volte dei tralci di questo antico sistema di allevamento, su suoli con pH da aceto per i porfidi del supervulcano del Sesia, fioriscano erbe selvatiche e svolazzino farfalle. Le maggiorine si ritrovano anche sulle scarpate del terrazzo della Baraggia del Piano Rosa, fino a Briona dove il terrazzo baraggivo si incunea tra le risaie della Garzaia di San Bernardino. Anche nei colli morenici affacciati sul Ticino, tra Mezzomerico e Suno, grazie all’Ente Parco del Ticino e lago Maggiore, è stata riproposta la tradizionale raccolta dell’acqua piovana, in piccole pozze, le “bose“, che creano microhabitat per libellule ed anfibi.
Nel Monferrato i contrafforti boscati a spiovente sul Po, compresi nella fascia fluviale protetta, ospitano piccole oasi a vigneto in cui si rifugiano assieme agli invertebrati che prediligono ambienti aperti, due piccole produzioni storiche come il Gabiano ed il Rubino di Cantavenna, senza dimenticare i vigneti di grignolino e barbera che spuntano a Camino tra i nidi di aironi delle garzaie fluviali. Regina della biodiversità viticola del Monferrato è Rocchetta Tanaro nel cui parco si è affermata l’ascesa internazionale del barbera. Qui l’aggressività della flavescenza dorata, la piaga portata da un insetto non autoctono, è molto meno virulenta in adiacenza ai vetusti querceti rispetto alle boscaglie secondarie di robinia. Nei regni del cortese di Gavi e del dolcetto di Ovada, ai piedi della ZSC di Capanne di Marcarolo, troviamo i migliori esempi dell’antico vigneto collinare a ciglioni e paleria di legno con una ricca flora di praterie magre a ginestre di Spagna. Nel Roero si distinguono tra i precipizi della ZSC delle Rocche i cosiddetti “vigneti di frontiera”: isolati nella vasta selva boschiva sono un’opportunità per comprendere l’interazione del vigneto con specie e habitat comunitari. In uno studio di ARPA e Università di Torino si sono riscontrati indici di pedofauna ai livelli dei suoli boschivi più evoluti, 14 gruppi tassonomici di Pipistrelli, 34 specie di Lepidotteri diurni e un buon contingente di specie erbacee autoctone. Più a sud a Monticello d’Alba l’ingresso della cava di gesso che ospita una delle colonie di chirotteri della locale ZSC è avvolto dai vigneti. Le Langhe di Spigno infine custodiscono un meraviglioso terroir viticolo in pieno hot spot floristico tra i calanchi. Complici le brezze mediterranee i sommelier riconoscono, nel dolcetto qui prodotto, aromi e profumi floreali.
Fonte Piemonte Parchi