Una giuria tutta al femminile per il Campionato Italiano di XC a Torre Canavese
I Campionati Italiani di Torre Canavese prenderanno il via il 17 e 18 Luglio prossimo a Torre Canavese e il Team Dayco continua a investire per presentarsi ai nastri di partenza alla perfezione.
Il percorso, lungo 7,5 km per 250m di dislivello al giro, si snoda tra le colline Canavesi ed è stato studiato per garantire sicurezza e spettacolarità per bikers e appassionati.
Grande attenzione per ogni minimo particolare, anche per quelli che troppo spesso vengono dimenticati e non pubblicizzati come ad esempio la giuria che avrà il compito di controllare e di garantire il regolare svolgimento della gara.
La giuria, composta dal Presidente Piera Bensi, Giorgio Baruffi, Marinella Verga, Anna Alfano, Federica Guarniero e Silvana Godino, riveste un ruolo molto importante, a maggior ragione in una gara di livello nazionale che assegna il titolo di Campione Italiano.
Piera Bensi, piemontese, insegnante di matematica e informatica, impegnata socialmente e politicamente nel suo paese, giudice per passione da molti anni si racconta e ci svela le difficoltà e i segreti che comporta questo ruolo:
E’ un’attività che richiede molto impegno perché, ognuno di noi, ha un lavoro. Prima di tutto c’è la passione poi si entra in questo mondo perché si era precedentemente atleti o perché si hanno amici o parenti che gareggiano. Nel mio caso si parlava sempre di ciclismo in famiglia, sono cresciuta con il ciclismo. Mio padre era dirigente del Comitato Regionale e mio fratello gareggiava. Io, invece, facevo il pilota di rally. Passare dalle quattro ruote alle due è stato quasi inevitabile. Mi piace molto l’ambiente delle gare, si stringono amicizie, sempre nuovi contatti e, soprattutto, si ha l’opportunità di vedere sempre posti nuovi. Ogni gara è un’esperienza nuova ed interessante che ti arricchisce. Non ho mai avuto ripensamenti nonostante l’impegno e il fatto, non trascurabile, che sei fuori casa tutti i week-end. Io provengo dalla pista poi ho seguito gare su strada e ora mi dedico anche alla mtb, un ambiente che mi piace molto più che la strada. E’ giovane, dinamico e informato oltre che informatizzato. Nel mio lavoro di giudice c’è un rispetto reciproco per le competenze, si creano dei rapporti umani molto belli sia con organizzatori sia con atleti, soprattutto nella mtb. L’ambiente della strada è molto più difficile, più rigido e statico perché i dirigenti hanno una certa età e sono molto conservatori. Bisogna cercare di comprendere il nostro lavoro e le difficoltà nelle quali a volte incappiamo: normative che cambiano da un giorno all’altro. E’ facile essere presi di mira ma, a volte, bisogna avere l’umiltà di chiedere e non mettere le persone alla berlina senza aver chiaro il problema. Una volta ho preso una decisione per la quale sono stata molto contestata anche sui forum ma io, dalla mia parte, avevo l’UCI. I momenti più difficili per un giudice sono quando deve prendere delle decisioni drastiche. In questo caso interviene in aiuto l’esperienza e la coerenza che non deve mai mancare. Per il nostro lavoro di giudice abbiamo solo il rimborso spese e un gettone di presenza per le gare internazionali. Spesso i rimborsi avvengono a stagione inoltrata, quindi si comprende bene quanta sia la passione per questo lavoro non sicuramente il denaro. In questi ultimi anni è cresciuta la presenza delle donne. Un tempo era difficile per una donna fare il giudice, c’erano molti pregiudizi, ora non più, tanto che sono gli stessi organizzatori a chiedere giudici donne perché, è risaputo, sono più affidabili e professionali, più precise e preparate. Io quando arrivo ad una gara ho il mio pc con tutti i file già pronti e spesso aiuto gli stessi organizzatori in tante cose. Insomma fare il giudice è davvero un’esperienza stimolante alla quale non rinuncerei per nessuna ragione al mondo. Ci vediamo a Torre Canavese.