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Tragedia sul Gran Zebru 3859 metri in Alto Adige: morti 6 alpinisti in due incidenti separati


Le vittime stavano affrontando la stessa scalata, ma facevano parte di gruppi diversi. Due escursionisti di Parma e uno di Novara sono precipitati mentre salivano in cordata. Poi l’altro incidente quasi nello stesso posto.

Il primo è avvenuto alle ore 8.30 e ha coinvolto tre escursionisti, due di Parma e uno di Novara. Il secondo si è verificato nel primo pomeriggio, sempre in quota 3.500 metri sul Grand Zebru’: hanno perso la vita tre altoatesini, due di Vipiteno e uno di Magre’ all’Adige. 

I primi tre alpinisti – Matteo Miari, 22 anni, Michele Calestani, 43 anni, tutti e due di Parma, e Daniele Andorno, 45 anni di Novara – erano partiti alle ore 4 dal rifugio Pizzini, sul versante valtellinese, per raggiungere la vetta attraverso la via normale. I tre procedevano legati e sono precipitati insieme per 500 metri. Sul posto è arrivato il soccorso alpino di Solda con l’elicottero. Le salme sono state recuperate e quindi trasportate a Solda e poi nella camera mortuaria dell’Ospedale di Silandro, dove sono giunti i parenti. 

Una delle vittime era padre soltanto dallo scorso gennaio: si tratta di Daniele Andorno, l’alpinista novarese di 45 anni. «È una tragedia per tutti noi – dice Boris Cerovac, presidente del Club alpino di Novara -. Lo conoscevamo bene perché frequentava la sezione e le nostre attività». L’escursione al Gran Zebrù, insieme ai due amici di Parma, era stata pianificata da tempo e Andorno, consapevole anche delle difficoltà di quella montagna, si era preparato bene. «Era noto per essere un abile alpinista – afferma ancora Cerovac – ma contro la fatalità non c’è nulla da fare». 

Nel primo pomeriggio la seconda tragedia. L’allarme lo ha dato il gestore del rifugio Casati (3269m). Egli ha visto salire il gruppetto e poi lo ha perso di vista. Poco dopo la triste scoperta dei soccorritori. A distanza di 50 metri dal posto in cui si era verificata la prima tragedia sono stati trovati morti i tre altoatesini: due fratelli di Vipiteno, Matthias e Jan Holzmann, 26 e 30 anni, e un loro amico della Bassa Atesina, Wolfgang Genta, 32 anni, di Magre’ all’Adige. 

Tutti i sei alpinisti erano adeguatamente attrezzati per affrontare la montagna, spiega il capo del soccorso alpino di Solda, Olaf Reinstadler. Ma forse sono stati traditi dal manto nevoso reso instabile dal caldo e «sono partiti forse troppo tardi considerando le temperature alte di questi giorni». «In tali condizioni – aggiunge Reinstadler – anche i ramponi non offrono sufficiente sicurezza. In entrambi i casi probabilmente uno degli alpinisti è scivolato tirando con sé i compagni della cordata». 

Una tragedia simile successe già il 5 agosto 1997 nella stessa zona e con analoghe condizioni climatiche, allora i morti furono 7.

Il ghiacciaio del Gran Zebrù, tra Alto Adige e Lombardia, già in passato è stato teatro di sciagure con molte vittime. Nei quattro incidenti più gravi, tra il 1989 ed oggi, sono morte 20 persone: il 24 luglio 1989 morirono quattro alpinisti italiani mentre scalavano la parete nord, nei pressi di Solda, in Alto Adige; il 15 maggio 1994 tre escursionisti tedeschi persero la vita travolti da un lastrone di neve e ghiaccio, nei pressi del rifugio Città di Milano; il 5 agosto 1997 morirono sette persone: prima quattro escursionisti di Reggio Emilia, qualche ora dopo una guida alpina venostana e due turiste tedesche. Ora le altre sei vittime, ancora una volta, probabilmente, per il manto nevoso instabile a causa delle alte temperature.

Fonte lastampa.it

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.