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Simone Moro aggredito e ferito dagli sherpa durante la salita all’Everest


Simone Moro, l’alpinista bergamsco da anni frequentatore delle vette dell’Himalaya in Nepal, è stato aggredito ieri pomeriggio insieme ad altri due compagni (lo svizzero Ueli Steck e il britannico Jonathan Griffith) da un gruppo di sherpa nel campo 2 dell’Everest, a quanto sembra per presunte interferenze nel loro lavoro. Lo riferisce oggi The Himalayan Times. 

Le tensioni sono sorte, a quanto si è appreso, durante il lavoro di fissaggio delle corde su una parete sul lato ovest del Lhotse, fra il campo n. 2 e il n.3 basso (a circa 7.200 metri), dove era stata collocata una tenda. 

Una volta tornati al campo di partenza, i tre alpinisti hanno trovato ad attenderli una folla di un centinaio di sherpa che hanno tentato di «punirli fisicamente» e che sono riusciti a ferirli. 

Lo scontro non si è trasformato in tragedia solo per l’intervento degli altri alpinisti stranieri, che si sono interposti e sono riusciti a calmare la situazione. 

Moro ha riportato nell’incidente ferite non gravi, mentre Ueli Steck, che ha problemi più seri, sarà trasferito in giornata a Kathmandu. 

Simone Moro e Ueli Steck, sono i compagni di spedizione di un nuovo progetto alpinistico sulla vetta più alta del mondo, la NO2 Limits Expedition.

Proprio nell’anno del 60° anniversario della prima salita in assoluto e del 50° anniversario della prima salita americana, Simone e Ueli tentano di raggiungere la cima dell’Everest  seguendo una via diversa da quella normale, senza l’uso di ossigeno e in stile leggero.

Per continuare a fare vera esplorazione sull’Everest anche 60 anni dopo la sua prima salita, Simone e Ueli  hanno deciso di abbandonare le vie attrezzate e troppo frequentate, per tornare a vedere l’Everest così come lo avevano visto i primi grandi alpinisti del passato.

A questo punto però il grave fatto di ieri, nel racconto pubblicato sul sito di Simone Moro.

“Alle 8 circa del 27 aprile 2013 Simone Moro (ITA), Ueli Steck (CH), and Jonathan Griffith (UK) lasciano Campo 2 per raggiungere una tenda a circa 7200 metri (Campo 3 basso) sul versante Lhotse dell’Everest.  Un team di Sherpa sta attrezzando la parete Lhotse e agli alpinisti viene chiesto di non toccare le corde che stanno fissando.

Quando i tre alpinisti arrivano alla quota della loro tenda già montata, attraversano la neve e sono costretti a passare sopra le corde degli Sherpa per raggiungere la loro tenda circa 20 metri più in là.  Gli alpinisti decidono di scavalcare la corda nel punto di sicura dove altri 4 Sherpa sono agganciati alla parete di ghiaccio, mentre il loro leader continua a fissare le corde sopra.  Passare sopra le corde non interferisce in alcun modo con il lavoro che stanno portando avanti.  Gli alpinisti sono in solitaria e non stanno usando le corde quindi non c’è nemmeno il pericolo che le corde si possano aggrovigliare.  Inoltre passando sotto il leader, né ghiaccio né neve possono essere fatti cadere su di lui.

Jonathan Griffith è a questo punto alla guida e dopo aver sorpassato la corda e aver attraversato altri 15 metri sulla neve, Ueli Steck lo segue. Nel momento in cui Ueli Steck scavalca la corda, il leader degli Sherpa nota gli alpinisti sotto e inizia a urlare e a dare colpi con la sua piccozza. E sempre urlando agli alpinisti, fissa le corde e si cala fino al punto della sicura.  Siccome Ueli è in solitaria e non attaccato alla corda, gli viene spontaneo alzare le mani per far fronte all’impeto con cui lo sherpa gli piomba addosso scendendo.  Questo porta lo sherpa ad accusare Ueli di averlo toccato.  Nel frattempo colpendo il ghiaccio con tutta la sua forza e urlando a Ueli “perché mi tocchi”, accusa i tre di aver calciato il ghiaccio addosso a loro e ferito uno Sherpa.  Visto che i tre stanno scalando su una loro via in totale autonomia e interamente sulla neve, la cosa era molto improbabile.

Ueli Steck cerca di tenere calma la situazione offrendo aiuto nel fissare le corde fino a Campo 3, ma questo peggiora le cose.  Simone Moro poi raggiunge il team e lo Sherpa leader brandisce la piccozza nella sua direzione.  Simone impreca contro il leader come naturale reazione ad un’aggressione del genere.  Niente riesce a calmare il leader che come atto finale di sfida ordina a tutto il suo team di 17 Sherpa di lasciare la parete Lhotse e ritornare a Campo 2.  Non c’è nessuna evidente ragione di scendere dalla montagna. I tre alpinisti non hanno interferito in nessun modo con il lavoro degli Sherpa.  Per ammorbidire la situazione, Ueli Steck fissa altri 260 metri di corda fino a Campo 3.   

Mentre i tre stanno scendendo al Campo 2, un centinaio di Sherpa si raggruppa per affrontare i tre alpinisti. Si dimostrano da subito violenti, iniziano a prendere a pugni e a calci gli alpinisti, e a scagliargli addosso pietre. Un piccolo gruppo di occidentali fa da mediatore tra il gruppo fuori controllo e gli alpinisti, che devono la loro vita a queste persone coraggiose e altruiste. Ciò nonostante,  i tre alpinisti e alcuni degli occidentali che cercavano di far rientrare la situazione, vengono aggrediti. Gli alpinisti sono minacciati pesantemente. Gli viene detto che la notte stessa uno di loro sarebbe stato ucciso. Dopo circa 50 minuti, la folla sembra calmarsi, i tre alpinisti riescono a ricongiungersi e viene vivamente consigliato loro di allontanarsi per evitare il peggio.

Impacchettato l’essenziale, iniziano a scendere  verso la base dell’Everest, per  una via tortuosa  piena di crepacci, senza corde a protezione, convinti  che, data la situazione, quello era comunque il posto più sicuro dove stare.

Gli Sherpa sostengono che il motivo dell’aggressione agli alpinisti è che quest’ultimi, attraversando la loro linea, hanno buttato giù del ghiaccio addosso ad uno Sherpa. In realtà nessuno degli Sherpa ha mostrato segni di ferite.  Per di più, su una parete di ghiaccio non è poi così improbabile essere colpiti da pezzetti di ghiaccio. Gli alpinisti pensano invece che lo  Sherpa leader fosse stanco, infreddolito e infastidito dal fatto che i tre alpinisti stavano avanzando  più velocemente rispetto loro e per di più senza corda. Qualsiasi sia stato il motivo scatenante, non c’era alcuna valida ragione per arrivare a tanto.

Le autorità nepalesi hanno preso molto seriamente la vicenda, anche perché ci sono parecchie spedizioni commerciali sulla montagna. Al momento i tre Sherpa sono stati individuati, fatti scendere dalla montagna e la Polizia, il Ministro del Turismo e il capo dell’Associazione degli Sherpa stanno investigando sull’accaduto.

I tre alpinisti vogliono rivolgere un “enorme grazie”  a tutte persone che gli hanno salvato la vita al Campo 2 e a coloro che ora stanno conducendo le indagini.

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.