In partenza la spedizione al Chamlang (7319m) di François Cazzanelli e Marco Farina
Per François Cazzanelli, alpinista e Guida Alpina del Centro Sportivo Esercito di Courmayeur Sezione Militare Di Alta Montagna, è di nuovo ora di preparare i bidoni per una spedizione. Ancora Himalaya, ancora Nepal, questa volta la meta è il Chamlang (quota 7319m), montagna che ha nella parete nord una via ancora inviolata, obbiettivo di François e di Marco Farina. Salita per la prima volta nel 1962 da una spedizione nazionale giapponese dopo 4 mesi di “assedio”, è stata oggetto nel 1984 di un’impresa da parte di una spedizione composta da Jean Afanassieff, Doug Scott, Michael Scott, e Ang Phurba Sherpa, che hanno attraversato la catena del Chamlang composta da tre vette: la vetta occidentale 7319 mt, quella centrale 7180 mt e quella orientale 7235 mt. Le tre vette sono collegate tra loro da un lunga cresta lunga circa 6 km, percorsa da questa spedizione il 16 maggio 1984. Recentemente, nell’ottobre 2015, gli alpinisti baschi Alberto Iñurrategi, Juan Vallejo e Mikel Zabalza, hanno messo a segno un grande exploit ripetendo in stile alpino la via giapponese del 1962. Con queste premesse abbiamo intervistato François Cazzanelli a pochi giorni dalla partenza, prevista per il primo aprile.
Questa è la tua quarta spedizione extra-europea, dopo Churen Himal, Kangchenjunga e Cerro Torre. E’ più importante il viaggio o vetta?
François – Diciamo che una pregiudica molto l’altra, in base alla vetta che scegli imposti il viaggio, direi che sono importanti alla stessa maniera.
Come hai fatto ad identificare questa montagna e una via non ancora percorsa? Per fare alpinismo di alto livello fantasia e creatività sono quindi importanti come le doti tecniche?
François – Il Chamlang non è arrivato per caso, dietro ci sono stati mesi di studi e ricerca dove abbiamo selezionato diverse cime e alla fine il Chamlang era quella giusta, quella che secondo noi faceva al caso nostro per tanti motivi. In particolare è stato Marco a individuarla, una sera studiando su internet le migliaia di cime censite nell’Himalayan database, mi ha subito inviato un foto su WhatsApp e da lì abbiamo iniziato a studiarla. Abbiamo così scoperto la parete nord di questo colosso Himalayano già tentata da cinque importanti spedizioni composte da alpinisti già noti nel mondo dell’Alta quota ma sempre senza successo. La cosa ci ha stuzzicato e stimolato e allora siamo ormai pronti a partire.
La mia curiosità nel ricercare sempre nuove sfide un po’ fuori dagli schemi è quella molla che mi motiva e mi spinge a tener duro. Quindi direi che si la fantasia e la creatività contano come le doti tecniche, perché sono quelle che mi permettono di sognare e quindi spingermi sempre un po’ oltre i miei limiti.
Sarai in cordata con Marco Farina, quanto conta l’affiatamento per il successo di una spedizione?
François – Si io e Marco ormai scaliamo da diversi anni assieme è abbiamo un grande affiatamento, alla base di tutto però c’è una profonda amicizia che ci lega molto e fa si che riusciamo ad aiutarci sempre anche nei momenti di difficoltà sia in parete che nella vita di tutti i giorni.
Lo scorso aprile dovevi andare in spedizione al Kimshung una montagna in Nepal di 6700 metri mai salita prima. Il terremoto che ha devastato il Nepal ti ha fermato e fatto tornare indietro. Nei successi delle spedizioni alpinistiche quanto conta l’abilità umana e quanto la benevolenza della natura?
François – Diciamo che la natura ha in mano il jocker. Si può essere in forma, affiatati e acclimatati, ma senza tempo buono e condizioni favorevoli non si combina nulla. Poi è ovvio che sta a noi giocarci le nostre carte al meglio e agire quando la combinazione di tutti questi fattori sono più favorevoli.
La recente salita dell’ottomila invernale Nanga Parbat ha regalato a Simone Moro e all’alpinismo estremo di nuovo le prime pagine di giornali e televisioni. Ma come si fa a mediare tra la ricerca del “wilderness” tra montagne inospitali e la comunicazione globale, a volte necessaria per riuscire a fare la spedizione?
François – Eh questa è una bella domanda. Diciamo che ormai se vuoi sopravvivere facendo l’alpinista sei obbligato a scendere almeno un po’ a compromessi come questo. Secondo me la chiave sta nel sistema con cui comunichi e nei contenuti che usi, io credo che le montagne siano fuori ad aspettarci non sui social media.
A questo proposito ci tengo a ringraziare tutti i miei sponsor, la mia famiglia e miei amici, ma soprattutto il Centro Sportivo Esercito di Courmayeur Sezione Militare Di Alta Montagna, senza di loro non riuscirei a fare tutto questo.