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Come nasce la sport utility bike: manuale di divorzio dall’automobile

Posso affermare, senza timore di essere smentito, di avere la fortuna di lavorare in uno degli uffici più ecosostenibili della mia città. L’estate è un periodo perfetto per venire a lavorare in bicicletta: il clima e le strade sgombre aiutano chi si muove su due ruote mentre i prezzi sempre più esorbitanti della benzina invogliano al movimento: scelto il dovuto percorso per evitare traffico e inquinamento, il pendolarismo si trasforma in sana attività fisica mattutina e serale.

Da ciclista, le cose si complicano se voglio andare a fare la spesa. La progressiva scomparsa dei negozi di prossimità in favore dei centri commerciali non fanno che complicare la vita alle due ruote: c’è chi tiene in equilibrio le borse sul manubrio mentre altri si dotano delle comode borse posteriori, ma il carico rischia di diventare eccessivo e il mezzo instabile.

Nascita della Sport Utility Bike

Nel 1995 Ross Evans dell’Università di Stanford è in Nicaragua per un progetto di cooperazione internazionale denominato Bikes Not Bombs basato sul riuso di mezzi donati ai paesi in via di sviluppo. A differenza dei ciclisti per scelta del ricco Occidente, gli autoctoni coordinati da Evans si dotano delle due ruote per le proprie attività quotidiane per necessità. Perseguendo stabilità e capacità di carico, Evans apporta delle modifiche alle biciclette ottenendo mezzi più lunghi con una sorta di portapacchi in bambù capace di sopportare fino a 90 chili di carico.

Tornato in patria, Evans trasforma l’idea in un prodotto commerciale, fondando la società Xtracycle, che quest’anno ha presentato alcuni dei risultati della commercializzazione al pubblico della North American Handmade Bicycle Show (NAHBS). Concentrandosi sui modelli longtail, Xtracycle fornisce sia biciclette cargo che kit di trasformazione denominati FreeRadical: con questo kit è possibile trasformare la propria mountain bike in quella che la società chiama Sport Utility Bike, un mezzo che consente di liberarsi dell’automobile per molte più attività, compresa la spesa e il trasporto dei figli a scuola. Troppo idealistico? Alcune recensioni entusiaste e numerosi provvedimenti delle amministrazioni locali sulla mobilità ciclabile, negli Stati Uniti come in Europa, indurrebbero ad abbandonare ogni scetticismo.

Se l’amante costa meno della moglie

L’ambiente in cui è stata concepita la sport utility bike fa sperare in un successo dell’iniziativa, e anche gli analisti più scettici nello studio del caos climatico concordano nell’affermare che la bicicletta è una valida alternativa all’automobile: dati alla mano, si rivela 25-30 volte più efficiente della sposa meccanica, come l’ebbe a chiamare Marshall McLuhan all’epoca del trionfo della cultura delle quattro ruote. Se sposare un mezzo di trasporto equivale a sposare uno stile di vita, le amanti a due ruote stanno facendo strage di cuori. Saranno preoccupazioni di carattere ambientale o piuttosto il ritorno dell’austerity a costituire l’atto formale del divorzio?

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Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.