Menù a Km zero: l’eco-dieta è servita!
Quando l’alimentazione rispetta l’ambiente
Guardare oltre il proprio piatto è un esercizio utile soprattutto in tema ambientale. La soluzione ai problemi di inquinamento siede a tavola con noi. Ogni scelta alimentare ha infatti delle ripercussioni significative sulla salute anche in termini di inquinamento. Il pretesto per parlare di eco-dieta arriva dal convegno annuale dell’Associazione Nazionale Dietisti (Andid), appena conclusasi a Rimini. Alleggerire il proprio peso sul mondo in termini di sprechi per star meglio tutti, questo l’appello lanciato.
Meno sprechi
Aderire ad una dieta eco sostenibile è il primo significativo passo per arginare gli sprechi. Stando ai dati Istat riferiti al 2007, sarebbero 466 gli euro destinati mensilmente dalle famiglie italiane alle spese alimentari (circa un quinto di tutte le spese), di cui una grossa parte però finirebbero in spazzatura. Gli stessi supermercati getterebbero tra i rifiuti 170 tonnellate di cibi ancora buoni ogni anno. In discarica finirebbero 6 milioni di tonnellate di alimenti consumabili mentre ognuno di noi butta nella pattumiera 27 chili di cibo commestibile ogni anno: il 5 per cento del pane, il 18 per cento della carne, il 12 per cento della frutta e della verdura. Ben 584 euro sprecati.
Il consumo consapevole di prodotti locali e di stagione permette invece significativi risparmi per una famiglia “tipo”, nell’ordine di 1000 chili di anidride carbonica (CO2) l’anno. Basti pensare che secondo i calcoli di Coldiretti per trasportare a Roma un chilo di ciliegie dall’Argentina in aereo per una distanza di 12mila km si liberano 16,2 kg di anidride carbonica (CO2), mentre per un kg di pesche dal Sudafrica nel viaggio di 8mila chilometri si emettono 13,2 kg di CO2 e, infine, gli arrivi di ogni kg di uva dal Cile producono 17,4 kg di CO2.
Gli esempi virtuosi
La produzione “ecologicamente integrata” sta dando i suoi frutti anche in Italia con alcuni esempi virtuosi. E’ il caso dell’Andid (Associazione Nazionale Dietisti) Toscana che ha creato una guida ai prodotti locali e stagionali, senza contare la metamorfosi biologica delle mense scolastiche. In Piemonte invece è attivo un progetto pilota presso l’Ospedale di Asti, dove il cibo per degenti è quasi tutto biologico e non fa più di 30 chilometri prima di arrivare alle cucine.
Il valore aggiunto della produzione “integrata” del cibo consiste naturalmente nell’accesso agli alimenti freschi e prodotti localmente, tradizionalmente ritenuti più sicuri e salutari.
Progetto “chilometri zero”
Oltre agli enti pubblici stanno nascendo numerose iniziative anche tra gli esercenti come nel caso del progetto “chilometri zero” che si prefigge il duplice obiettivo di ridurre inquinamento e traffico ma nel contempo promuovere i prodotti locali troppo spesso trascurati in favore di primizie “esotiche”. Con questa iniziativa dunque verranno riconosciuti quei locali (ristoranti, osterie, gelaterie) che utilizzano prodotti del territorio (vino, olio, salumi, formaggi, latte, frutta, verdura e fiori) acquistati direttamente dalle imprese agricole. «In Veneto – sottolinea la Coldiretti – il circuito a km zero annovera già tra gli aderenti dall’osteria di Padova alla gelateria di Verona, dallo snack bar di Treviso ai vari ristoranti nel veneziano fino alle mense collettive di Rovigo, riconoscibili da una apposita targa».
Ma la possibilità di fare acquisti di prodotti alimentari che non producono inquinamenti da trasporto si estende da Taranto (dove in pieno centro è attivo grazie alla Coldiretti il primo farmers market stabile gestito da agricoltori che offrono esclusivamente prodotti delle proprie aziende alle centinaia di distributori automatici di latte fresco proveniente direttamente dalle stalle) fino alle quasi cinquantamila imprese agricole dove è possibile acquistare direttamente prodotti aziendali, di cui una prima selezione è disponibile sul sito www.coldiretti.it al link “terra nostra”.