Maurizio Pitti e la Trans America Bike Non Stop
L’America è passata sotto i suoi piedi, anzi sotto le sue ruote. E’ stata la sua serata, quella di martedì 13 agosto a Donnas in Valle d’Aosta, da profeta in patria, che nella serata organizzata dalla Biblioteca di Donnas ha radunato nel suggestivo anfiteatro un centinaio di spettatori. Da sempre Maurizio Pitti dice che “la bicicletta salverà il mondo”, sicuramente per ora la bicicletta gli ha permesso di girare mezzo mondo, a cominciare dalla Valle d’Aosta, da tutte le regioni italiane, dalla Turchia, all’Europa con la Capo Nord – Tarifa, per finire con la Trans America Bike Non Stop, 7000 km con 55000 metri di dislivello. Attenzione, queste ultime due sono due gare in autosufficienza (adesso si dice bikepacking), portandosi dietro tutto quel che serve per dormire e riparare la bicicletta, per alimentare i dispositivi elettronici senza di cui ci si perderebbe a ogni bivio. Quest’anno il sogno americano è stato forte come in nessuna altra esperienza. Un’ora di parole, anzi un fiume di parole, dopo una decina di minuti di video racconto, per far capire cos’è stata questa Trans America Bike Non Stop; una gara, un viaggio, un’avventura.
“Ripartirei anche domani – racconta Maurizio – Ed è un’esperienza da provare una volta nella vita per chi è appassionato di bicicletta e di viaggi. Anche se è difficile condensare questa esperienza in una chiacchierata come stasera. I passi a 3500 metri, il Parco di Yellostone, gli infiniti campi di grano del Kansas, i cani del Kentuky, gli uffici postali per fermarsi a dormire, l’Oceano Pacifico in partenza e l’Atlantico all’arrivo. Ed è anche una gara, ci si pensa anche in partenza non solo l’ultimo giorno. Bisogna essere capaci di gestire le situazioni, di pedalare controvento, fermarsi a dormire dove capita e non solo in senso metaforico. Ero stato a New York ma è un’altra cosa. Ho attraversato l’America profonda, 10 stati, dove magari pedali per 50 km e non c’è nulla, dove le case sono tutte in legno rigorosamente solo con il piano terra e la bandiera americana, i grattacieli sono solo nelle grandi città. La natura è predominante, montagne alte, passi in alta quota, vento sempre contro o trasversale, ci sono gli animali a cui fare attenzione come gli orsi e i serpenti. E poi il cielo, gli spazi immensi, insomma tutto quel che si cerca in una gara di ultracycling e questa è quella più ambita, più desiderata.”
Per la cronaca Maurizio Pitti è arrivato 10° in 26 giorni e 9 ore, di cui 16 passati a pedalare e gli altri 10, ovviamente frazionati in ore, a cercare di riposare e risolvere i tanti problemini che si presentano in una gara di questo genere.
A me è rimasto un dubbio: ma Maurizio Pitti si è allenato per una gara/viaggio del genere o è geneticamente progettato per queste cose, e non parlo solo della componente atletica, e queste gare le hanno disegnate proprio su misura per lui? Glielo chiederemo alla prossima serata.