Manifesto del fu-turismo: da ‘Cose dell’Alto Mondo’ della Fondazione Cocchetti
Di Lorenzo Scandroglio
Noi crediamo che il silenzio, lo spazio spopolato, il piccolo villaggio, la valle remota, l’alpeggio abbandonato, l’osteria spartana, il bivacco in quota, la montagna nuda, l’ospizio agostiniano, la sobrietà montanara, siano la ricchezza delle Alpi di domani. Cose di ieri, anzi, cose di sempre, che sorgono all’orizzonte come il sole dell’avvenire.
Crediamo che là dove non c’è niente in verità ci sia tutto. Non sono tanti i luoghi dell’Alto Mondo ancora incontaminati e chi ce li ha, a volte, invece di vedere un tesoro, lamenta l’assenza di impianti, di strutture, di divertimenti, di disney – cabine, di brum brum slitte, di slot machine. Recentemente sulle mappe delle Alpi sono comparse delle aree, volute dalla Comunità Europea, denominate ZPS e SIC. Acronimi che stanno per Zone di Protezione Speciale e Siti di Interesse Comunitario. I montanari si dividono e non tutti vedono in esse delle opportunità, un marchio di qualità, un patrimonio dell’umanità da valorizzare, anche da “vendere” (in senso buono), comunicando che lassù, sui loro monti, ci sono specie animali tante come non se ne sono mai viste, e persino certe che, quando ci sono, indicano che la qualità dell’aria è migliore (“indicatori biologici” li chiamano, appunto).
Alcuni però lo sanno che l’economia dell’Alto Mondo oggi, insieme a quello su cui è ruotata per secoli la vita in montagna, insieme al formaggio e alla cura delle bestie, può aprirsi a un turismo diverso, non più di massa, non più di grandi messe, non più di rapina, non più di toccata e fuga, non più di case che si aprono e luci che si accendono come nei plastici dei presepi per chiudersi e spegnersi alla fine delle feste, ma di inedite comunità integrate di montanari e nuovi venuti, di pellegrini del terzo millennio che vengono in punta di piedi ad ascoltare il silenzio e a fotografare l’immenso, a osservare e a imparare dalla natura, di scialpinisti che salgono in pelle di foca e scendono sibilando curve nella polvere, di arrampicatori che scalano a contatto con la roccia, di rifugi e bivacchi, di camminatori che sostano a tagliare il pane sul tavolo di pietra delle baite che resistono. Secondo quanto sostiene un originale studioso della montagna, il tedesco Werner Bätzing, è “nello sviluppo ponderato e nella valorizzazione di aree spopolate il futuro per le Alpi. In una possibile localizzazione di attività tipiche dell’era postindustriale, le Alpi possono trasformarsi non solo in una disordinata arena per il tempo libero, ma in un autentico spazio per vivere”.
Lorenzo Scandroglio (lorenzo.scandroglio@gmail.com)
Cose dell’Alto Mondo è un progetto della Biblioteca Alberto Nodari