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La protezione del lupo sulle Alpi come la tigre del Bengala


Cosa hanno in comune una tigre del Bengala e un lupo sulle Alpi? Entrambi mammiferi e carnivori, sono due specie a rischio d’estinzione, inserite nella Lista rossa dell’IUCN che considera vulnerabile, quella del Canis lupus e in pericolo, quella della Panthera tigris, ovvero la Tigre del Bengala.
Ma non è tutto. In luoghi posti quasi agli antipodi della Terra, entrambe le specie causano – in contesti diversi e per ragioni differenti – conflitti sociali importanti, in nome della ‘conservazione’ della natura.

Sfrattati per salvaguardare la tigre del Bengala

Succede dall’altra parte del Mondo, e precisamente nelle Riserve delle tigri del continente indiano, dove 4 milioni di persone – minoranze etniche per lo più indigene – sono abituate a subire pratiche di sfratto dai propri luoghi nativi, in nome della ‘protezione’ della tigre del Bengala. In più di 300mila sono stati obbligati a lasciare la propria terra, soltanto negli ultimi 10 anni.
Lo hanno raccontato, lo scorso aprile a Torino, in un incontro organizzato dal Centro Studi Sereno Regis, Eleonora Fanari, ricercatrice indipendente e Fiore Longo, attivista ambientale per Survival International.
La ‘conservazione’ delle tigre – mammifero inserito nella Lista rossa dell’IUCN e sicuramente dotato di grande attrattiva turistica – ha imposto una inviolabilità delle aree naturali ri-popolate dal felino, quasi sempre circondate da zone ‘cuscinetto’ che dovrebbero garantire il ‘diritto alla terra’ delle popolazioni locali ma che, invece, diventano destinatarie di contributi finalizzati allo sfratto legalizzato: per 10mila euro, i nativi sono obbligati a vendere la propria terra allo Stato.
Negli ultimi 20 anni, le Riserve delle tigri sono aumentate in modo esponenziale, ma su 30 aree naturali, solo in tre è consentito l’uso del patrimonio forestale alle popolazioni locali.
Nella Riserva di Simlipal Tiger, ad esempio, i diritti sono riconosciuti aagli indigeni ma la politica degli sfratti è comunque all’ordine del giorno. Il Parco di Kaziranga, area protetta istituita per tutelare i rinoceronti – la cui protezione dal 2007 è stata rafforzata con l’istituzione di una Riserva della tigre – è stato invece totalmente militarizzato per contrastare il bracconaggio ghiotto di corni dei rinoceronti. Qui, i guardiaparco hanno l’ordine di «sparare a vista» ed è così che si sono verificati, in breve tempo, ben 62 incidenti in cui sono stati coinvolti anche civili. Militarizzazioni come questa, vengono finanziate dal Governo indiano ma ricevono importanti sostegni economici anche da organizzazioni internazionali, vocate alla protezione della biodiversità. Dunque, viene da chiedersi: Cosa viene prima? La conservazione della natura o il diritto ad abitarla?
Aiutati a convivere con il lupo sulle Alpi
La notizia è soltanto di qualche giorno fa. Sei milioni per censire i lupi? Soldi buttati, meglio aiutare i pastori: è il titolo di un articolo de La Stampa, pubblicato lo scorso 27 aprile. Sono state le parole di Roberto Barbero, presidente della Confederazione italiana agricoltori di Torino (Cia), che hanno animato l’adunata di agricoltori lo scorso 5 maggio, a Fenestrelle, in occasione di un convegno dedicato al problema delle predazioni da canidi e promosso dalla stessa Confederazione.

L’invito alla partecipazione è stato declinato dall’Ente di Gestione delle Aree protette delle Alpi Cozie è stato declinato, nella convizione che per un dibattito corretto e costruttivo sul predatore sia indispensabile partire dal progetto LIFE WolfAlps per il quale, negli ultimi 5 anni, enti e istituzioni di tutto l’arco alpino hanno lavorato con obiettivi e azioni comuni, formando una rete unica (guardiaparco, carabinieri forestali, ricercatori, biologi, comunicatori…) che dovrà trovare le necessarie risorse per dare continuità alle vairie attività di monitoraggio, di supporto alla prevenzione dei danni in alpeggio, di gestione delle situazioni problematiche e di corretta comunicazione.
L’esperienza degli ultimi vent’anni ci ha insegnato che gli strumenti di prevenzione, uniti ai rimborsi per i capi uccisi o feriti e all’assistenza veterinaria fornita dagli enti pubblici, possono consentire la convivenza tra le attività umane e il lupo in alpeggio, a patto che – naturalmente – la sorveglianza delle greggi sia costante e assidua, si legge sul sito dell’ente parco.
Non è dello stesso avviso la Cia che, nelle parole di Roberto Barbero, sostiene invece che i soldi spesi per i risarcimenti sono insufficienti, mentre quelli investiti nel progetto Life WolfAlps oltreché inutili, non aiutano a trovare una soluzione di convivenza tra predatore e chi abita la montagna. Anzi, sarebbe meglio destinarli a questi ultimi.
A quanto ammontano gli indennizzi?
Oltre 2 milioni di euro (esattamente 2.634.133,60 €) è l’impegno che il PSR – Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 rivolge ai sistemi di difesa del bestiame dalla predazione da canidi sui pascoli collinari e montani, considerato il necessario supporto di cui necessitano gli allevatori che conducono, in Piemonte, la propria attività in aree ripopolate dal lupo, uniti ad altri sostegni economici di cui gli allevatori possono beneficiare rispondendo opportunatamente ad altre ‘Misure’ del PSR loro destinate prettamente a facilitare la convivenza con il predatore.
Un fronte, quello della difesa degli allevamenti e della gestione eco-sostenibile dei pascoli, sul quale la Regione Piemonte è già intervenuta in passato attraverso due bandi del PSR: 233mila euro assegnati ad allevatori nel 2016 e 35mila euro nel 2017. Il tutto, per circa 150 attacchi che corrispondo a 350-400 capi ogni anno: sono questi i numeri, ormai stabilizzatisi nel tempo, degli attacchi predatori in Piemonte.
L’azione regionale, avviata dapprima con un finanziamento proprio di circa 300.000 euro/anno, proseguita poi con l’attivazione delle operazioni del PSR, inizia a dare risultati interessanti.
Il monitoraggio dei lupi in Piemonte ne evidenzia, infatti, sì una costante crescita ma, a partire dal 2013 – secondo anno di attivazione dei finanziamenti a sostegno delle misure di prevenzione – si è registrato una progressiva riduzione sia degli attacchi, sia del numero di capi predati.
Questo, per dire, a cosa servono i soldi spesi per il monitoraggio della specie, sebbene vada considerato che la diminuzione delle predazioni dipenda anche dalle mancate denunce degli allevatori che non stipulano alcuna forma di assicurazione per essere risarciti, scoraggiati da un sistema assicurativo poco agevole.
Quale modello di conservazione della natura?
Se tigri e lupi sono causa di conflitti sociali, i modelli descritti per la loro conservazione sono profondamente diversi. Nel continente indiano, dove c’è il predatore, l’uomo viene cacciato. In Europa, invece, si prova a farli coesistere.
Preservare le tigri o gli indigeni?
In India, il numero delle tigri è aumentato – passando da 1.706 a 2.226 esemplari, dal 2011 al 2016 (Fonte LifeGate.it) ma la tutela degli habitat è in contrasto con i diritti umani delle popolazioni: per questo bisogna intendersi sul modello di conservazione che si intende adottare.
Secondo l’ambientalista Fiore Longo: «Siamo dipendenti di un’ideologia di wilderness che è figlia del pensiero occidentale, in cui il paesaggio deve essere una realtà senza presenza umana e in cui insigni studiosi decidono cosa sia giusto, o meno, conservare».
L’interesse economico che gravita attorno alle Riserve delle tigri ne è la dimostrazione, a partire dalla forte attrazione turistica che questo predatore è in grado di suscitare.
Ma il mito di una conservazione che porta a salvaguardare la vita di un animale, a scapito dell’alienazione delle popolazioni locali, è accettabile?

Può il lupo coesistere con i pastori?

In Europa, oggi i lupi sono in espansione. L’incremento della popolazione è dovuta a diversi fattori, come l’abbandono delle attività agricole in montagna e collina, l’aumento delle prede selvatiche, le leggi europee di protezione.
Di fronte a questa espansione, continuano ad avere importanza le questioni irrisolte per la conservazione del lupo, come il mancato coordinamento di gestione della specie a livello europeo – in Italia esiste un piano di gestione sostanzialmente inapplicato, mentre il suo aggiornamento attende un pronunciamento ministeriale – e il conflitto con la zootecnia. Eppure i danni da lupo, in termini economici, non sono così alti: per questo serve interrogarsi sul significato che acquisisce in una realtà zootecnica come la nostra, la perdita di ogni singola pecora.
Sorge, poi un altro quesito. «Se è facile pensare a un branco di lupi in montagna, saremo in grado di vivere vicino al lupo, quotidianamente, in zone più antropizzate? Questa è la nuova domanda che si pone, e che si sta ponendo per molti altri grandi carnivori a scala mondiale: noi uomini oramai occupiamo la maggior parte del territorio, siamo in grado di condividerlo con gli animali selvatici, o pretendiamo che questi siano confinati nelle montagne selvagge a cui lasciamo sempre meno spazio?», ha scritto Francesca Marucco, coordinatrice tecnico-scientifica del Progetto LIFe WolfAlps.
Anche questo dipenderà dal modello di conservazione che verrà adottato, e per il quale sarà necessario continuare a monitorare la specie. Per questo ha poco senso mettere in discussione i dati scientifici, unici elementi incontrovertibili. «Oggi il monitoraggio del lupo in Piemonte e la stima della sua presenza è un lavoro scientifico sempre più difficile, per fattori di aumento di densità, di branchi adiacenti, di alte dinamiche sociali e territoriali ed è reso possibile unicamente grazie alle conoscenze sviluppate nel tempo dal personale delle istituzioni che partecipano al Network Lupo Piemonte professionalizzato nell’arco di vent’anni e grazie al grande lavoro di coordinamento e di elaborazione conclusiva dei dati da parte del Centro di referenza Grandi Carnivori nell’ambito del Progetto LIFE WolfAlps, scrive Marucco.
Almeno su questo, sembra paradossale non trovarsi d’accordo. E per questo l’Ente di gestione delle Aree protette delle Alpi Cozie ha in programma, il prossimo 1 giugno, una serata informativa dedicata al predatore, rivolta alle comunità residenti della Val Chisone, per rispondere, informare e confrontarsi su tutti gli strumenti utili alla conoscenza dell lupo. La serata è promossa, oltre che dall’ente parco, dai Comuni di Fenestrelle, Roure, Usseaux e Pragelato e sarà ospitata nella Sala Consigliare del Comune di Fenestrelle.

Fonte Piemonte Parchi

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.