ISTAT: nel 2018 più vittime fra i pedoni mentre il caso di Roma occupa i giornali
L’ennesimo anno nero del pedone e del ciclista si chiude con la vicenda delle 2 ragazze travolte da un ventenne a Roma. Le testate generaliste hanno dimostrato grande confusione sul tema della sicurezza stradale, trattato come un delitto nella sfera personale dei malcapitati e non come un tema di sicurezza pubblica.
Più vittime fra i pedoni
Se Polizia e carabinieri hanno rilasciato i primi dati del 2019, l’ISTAT ha recentemente pubblicato le statistiche più complete sulle vittime e delle morti sulle strade del 2018, dove si legge che “[i]l 2018, si configura come un anno nero per i pedoni; aumentano, infatti, le vittime (+2,0%), mentre diminuiscono le vittime tra i ciclisti (-13,8%) e tra motociclisti e ciclisti (-3,9%)”.
Pedoni e due ruote rimangono i più a rischio della vita quando si mettono in strada: “L’indice di mortalità per i pedoni, infatti, è quasi cinque volte superiore rispetto a quello degli occupanti di autovetture (categoria di riferimento), quello per motociclisti e ciclisti è più che doppio.”
Le grandi città detengono il maggior numero di esiti mortali a fronte di un investimento per il pedone: “la quota è molto più elevata nei grandi centri urbani (34,2%) rispetto alla media nazionale (18,4%), in particolare a Milano (49,0%), Messina (42,9%) e Bari (40,0%)” si legge nel rapporto.
I numeri sono impressionanti: 612 pedoni e 219 ciclisti vittima di incidenti stradali, mentre il totale degli incidenti stradali con lesioni a persone in Italia sono stati 172.553, le vittime 3.334 e i feriti 242.919. È come un comune grande come Bardonecchia fosse stato cancellato dalle carte geografiche, come se tutti gli abitanti di Messina fossero stati feriti nel solo 2018 (fonte).
La ragione dell’auto
Fra le bizzarrie della stampa nel trattare il caso di Roma troviamo difese imbarazzanti dell’automobilista che portava il suo SUV Renault Koleos da una tonnellata e mezzo a 100 km/h su una strada dove il limite è di 50 km/h insieme alle accuse tutte incentrate sul personaggio pubblico e alle figure di Gaia e Camilla. Il caso infatti è diventato nazionale solo perché tra i l’autista è il figlio di un noto regista e perché il tutto è avvenuto a portata di testate nazionali.
Mentre Roma e Milano sono sovraesposte nelle testate nazionali, in provincia si assiste a un continuo stillicidio di vittime con qualche pagina in cronaca locale. Poche settimane fa mi è capitato di assistere per caso alla comunicazione di una di queste morti passate sotto silenzio nazionale, e l’impressione è che se le persone coinvolte sono lontano dalle redazioni, e la loro vita troppo comune, la loro morte valga meno e si aggiunga alle statistiche prima elencate. Quante di quelle oltre tremilatrecentotrentaquattro morti hanno fatto notizia nel 2018?
Nonostante una recente sentenza della Cassazione abbia riconosciuto le ragioni del pedone imprudente, più che pensare alla riduzione del rischio di una autostrada urbana dove i limiti non vengono mai rispettati e gli attraversamenti pericolosi mai sanzionati secondo chi frequenta la capitale, si è preferito accusare le vittime di aver attraversato male. Non si è letta una riga sulla quantità e la praticabilità degli attraversamenti in quel tratto di strada, sul rischio di avere una infrastruttura cittadina del genere con un traffico del genere.
Ho visto strade simili con sovrappassi chiusi per settimane, Corso Unità d’Italia a Torino ad esempio, in cui le persone per raggiungere gli ospedali devono attraversare una strada a tripla corsia per senso di marcia. Quale altra alternativa hanno i pedoni? È giusto che le infrastrutture pensino all’automobile come mezzo di trasporto principale, relegando tutte le altre forme di movimento pezzi sgangherati, inesistenti, malfunzionanti o chiusi delle infrastrutture?
La riduzione del rischio automobile passa dalla riduzione del numero di automobili e dall’incentivo alla mobilità dolce con servizi e infrastrutture ciclo-pedonali degne di questo nome, trasporti pubblici efficienti e ambientalmente ed economicamente sostenibili. Per superare la logica dell’emergenza, della cronaca, delle troppe vittime senza nome.