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Interviste ai migliori fotografi italiani di action sport: Damiano Levati


Ed ecco che dopo Luca Orlandini e Simon Cittati arriva un altro grande fotografo italiano dei nostri amati action sport, Damiano Levati; ultimamente Damiano si sta concentrando su quello che più gli piace: la neve! E come dargli torto con tutta quella che è venuta giù nello scorso inverno sarà ancora per monti a cercare lo scatto imbiancato del secolo. Battute a parte, Damiano è parecchio conosciuto nel suo settore e le sue collaborazioni sono davvero di primo livello, è un fotografo Red Bull, ha all’attivo lavori con North Face e altri marchi di grande spessore. L’ultimo articolo suo che ricordo di mountain bike è quello uscito su Mountain Bike World sulla discesa dal Gran Paradiso in bicicletta.

Se siete in zona tra l’altro non lasciatevi scappare la sua mostra fotografica ospitata a Nus in Val d’Aosta fino al 31 agosto.

D: Come ti sei avvicinato alla fotografia e da quanto tempo
fotografi?

R: La fotografia è stato il modo per
fare nella vita quello che più mi piace, lo sci, la bici ed il
viaggiare. Con il tempo è diventato un vero e proprio lavoro a tempo
pieno. Ho iniziato tutto con la piccola Rollei 35 di mio padre, ma
non ho iniziato a fotografare seriamente fino agli ultimi anni di
università. Ora sono al mio terzo anno da professionista.

D: Qual’è stata la prima foto o
servizio che hai venduto e cosa ci vuoi raccontare a riguardo?

R: Il primo articolo in assoluto è stato
un reportage di viaggio per la Rivista della Montagna un sacco di
tempo fa. Mi era sembrata una vera e propria impresa. Ero appena
tornato dal mio anno di Erasmus in Norvegia ed avevo un sacco di foto
di trekking alle isole Lofoten. Non avevo la minima idea di cosa
significasse mettere insieme un articolo così mi era sembrata una
vera e propria impresa.

D: Quando hai capito che con la tua
passione ci potevi guadagnare lo stipendio?

R: Non ne sono ancora sicuro ora. Diciamo
che farlo diventare un lavoro è stato in parte un atto di fede. Allo
stesso tempo però è un lavoro talmente strano, che più di tutto
conta la volontà di pensare alla fotografia come un modo per
sopravvivere. E’ un po’ come fare un salto con la bici. Sai quello
che vuoi fare, ma non sei tanto sicuro di come farlo. Ad un certo
punto bisogna avere il coraggio di lasciarsi andare.

D: Quali sono i servizi per clienti
italiani e stranieri che ti hanno maggiormente soddisfatto?

R: Penso che le maggiori soddisfazioni le
ho in questi ultimi anni lavorando per clienti di importanza
internazionale come Red Bull e The North Face. Mi piace ancora però,
quando ho tempo, lavorare a progetti miei personali oppure a
realizzare immagini che abbiano la capacità di raccontare veramente
quello che io provavo in quell’istante.

D: Quanto spazio viene dedicato in
Italia alla fotografia sportiva? e quali sono le differenze con
l’estero?

R: Togliendo il calcio e qualche sport
mainstream non esiste in Italia una cultura della fotografia
sportiva. Anche se lo sci fuoripista, la mtb freeride, lo skate o il
surf da noi esistono e sono praticati, rimangono sport minori. La
cosa strana è che sono attività molto attraenti dal punto di vista
dell’immagine, ma non vengono considerate abbastanza importanti. Non
esistono praticamente atleti professionisti, le aziende spendono
poco, non c’è attenzione dal grande pubblico e di conseguenza non
c’è bisogno di fotografi professionisti. In più la scarsa cultura dell’immagine
fa si che ci sia una forte competizione a livello amatoriale senza
che a nessuno venga permesso di fare quel salto di qualità
necessario per la realizzazione di lavori a livello professionale.

D: Come viene riconosciuto il tuo
lavoro in italia? e all’estero?

R: In Italia sono un soggetto più unico
che raro, quindi capita che qualcuno mi conosca per le mie
pubblicazioni. Allo stesso tempo per carattere sono sempre stato un
po’ nascosto quindi non direi che in molti conoscano quello che
faccio. Mi sorprende ancora che le aziende mi chiamino per lavorare,
però se lo fanno un motivo ci sarà. Magari gli piacciono le foto
che faccio. Sin dall’inizio però avevo capito che
la mia fotografia dovesse essere di livello internazionale, così non
ho mai esitato a mandare in giro le mie immagini. Questo è stato uno
stimolo al miglioramento e mi ha aiutato a capire che un altro mondo
è possibile.

D: Ci sono molte differenze tra mercato
editoriale italiano ed estero?

R: Certamente si. Per i motivi che ho
spiegato prima. Quando c’è interesse intorno ad una determinata
attività tutti gli aspetti che la interessano acquistano valore. In
questi casi quindi si sviluppa una vera e propria competizione che
determina un innalzamento degli standard qualitativi. Gli atleti
hanno la possibilità di crescere, le aziende di diffondere i loro
prodotti e la gente di praticare gli sport. Video e carta stampata
sono i complementi ideali di questo processo. Qualità alta significa
anche avere i soldi per permettere ai fotografi di realizzare le
migliori immagini possibili. In Italia semplicemente non ci sono i
numeri. Però vorrei chiarire che l’editoria è
una parte relativamente minima del lavoro di un fotografo, che deve,
prima di tutto, imparare a lavorare per i clienti commerciali.

D: Il digitale ti ha aiutato o
penalizzato nel tuo lavoro?

R: Il digitale ha semplicemente cambiato
il mio lavoro. Con le diapositive il difficile terminava al momento
dello scatto. Con il digitale è più semplice realizzare immagini
medie, ma per raggiungere l’eccellenza è essenziale già sapere
quando si aprirà l’otturatore che tipo di postproduzione si farà
all’immagine. Dal mio punto di vista il digitale ha diminuito le
difficoltà tecniche, ma ha aggiunto grandi possibilità creative.

D: personalmente credo che l’esplosione
della fotografia digitale abbia aiutato i fotografi professionisti
fornendo loro attrezzature sempre migliori a prezzi più accessibili
e inoltre, molto più importante, abbia rimarcato la differenza tra
un amatore e un professionista a parità di attrezzatura a
disposizione, qual’è il tuo pensiero a riguardo?

R: In realtà questo è un problema. Le
attrezzature costano tantissimo e devono essere cambiate spesso.
Comunque ho smesso tanti anni fa di misurare l’abilità di un
fotografo dalla lunghezza del suo teleobbiettivo, se mi permetti la
metafora. Non conta quasi niente e la macchina deve semplicemente
seguire le esigenze definite dalla destinazione d’uso dell’immagine.
Standard professionali richiedono fotografie di alta qualità
prodotte da sensori costosi. Non tornerei mai all’analogico, ma sono
convinto che la macchina dica ben poco di chi la maneggia. La
differenza tra amatore e professionista è solo una questione di
impegno. Il professionista ha deciso di dedicare tutto se stesso alla
fotografia. Per realizzare le mie immagini ho bisogno di un impegno
giornaliero. Studio, mi alleno, passo le giornate ad organizzare e
così via.

D: Che vi dedicate alla foto degli
action sport in Italia non siete molti e più o meno vi conosciamo
tutti, a chi ti ispiri per i tuoi scatti e chi sono i fotografi
stranieri a cui vorresti rubare qualche scatto?

R: Sono un grande consumatore di immagini.
Guardo e sfoglio quante più riviste possibili. Mi piace il cinema e
l’arte in generale. Guardo le foto di tutti e spesso non sono i miei
colleghi ad ispirarmi di più. Adoro la spontaneità dei geni. Guardo
molto all’estero ed in particolare alla fotografia commerciale, di
reportage e di paesaggio legata agli sport outdoor americana. Un nome
su tutti Galen Rowell.

D: Qual’è l’ottica che preferisci per
i tuoi scatti?

R: Sicuramente il teleobbiettivo, 70-200
2.8 o il 300 2.8, purtroppo non sempre riesco a trascinarmeli dietro.

D: se potessi avere a tua disposizione
un campione di mountain bike del presente o del passato per una photo
session chi vorresti? e se parlassimo di un altro sport chi vorresti
fotografare?

R: Difficile da dire. In genere non sono
molto attirato dai campioni. Mi piace molto chi vive questi sport un
po’ come li vedo io con creatività e divertimento. Per questo motivo
i miei soggetti preferiti sono i miei amici. Con loro condivido
quello che voglio raccontare nelle mie foto.

D: qual’è lo spot italiano in cui hai
trovato gli scatti migliori?

R: Casa mia. Cioè le montagne che ci
stanno intorno. Sarà perchè le conosco bene, ma nonostante tutti i
miei viaggi per il mondo, qui mi piace sempre un sacco.

D: Oltre alla mountain bike e agli
action sport cos’altro ti piace fotografare?

R: Diciamo che mi piace fotografe ciò che
sento più mio. Sono troppo timido per fare reportage e
non ho la pazienza di chiudermi in uno studio. Non frequento ambienti
alla moda e non mi troverei bene a Milano. Quello che vedete è ciò
che mi piace.

D: Non voglio sindacare se sia meglio
Nikon e Canon perchè non arriviamo più alla fine, ma tu che marca
di attrezzatura usi e perchè?

R: Io uso Canon per motivi storici. Se
prendo in mano una Nikon non ci capisco niente. Non saprei dirti cosa
sia meglio. So solo che sento le mie macchine come se fossero parte
di me.

D: Grazie per la disponibilità, a te
la conclusione.

R: Grazie a voi. Il mio invito a tutti è
di lasciarsi andare totalmente alle proprie passioni. Le immagini
migliori magari non sono perfette tecnicamente, ma trasmettono
qualcosa.

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.