I rimedi di derivazione naturali della ricerca farmaceutica agli ftalati dei cosmetici industriali
L’inchiesta di Lisa Liotti, resa pubblica da Rai3 il 13 marzo 2013, getta una luce completa ed acutamente preoccupante sugli effetti indesiderati delle sostanze chimiche presenti nelle creme utilizzate dalle normali industrie cosmetiche che, a nostra insaputa, penetrando attraverso la pelle, sconvolgono il delicato equilibrio endogeno del metabolismo cellulare del corpo. Le maggiori sostanze imputate, presenti nei campioni di sangue prelevati negli italiani, sono gli ftalati ed il bifenolo A, responsabile di varie disfunzioni, metaboliche, della tiroide, del sistema immunitario e cardio-vascolare e dell’apparato sessuale di entrambi i sessi. Per quanto esista un certificato europeo che garantisce la sicurezza delle analisi e della composizione dei cosmetici, aggiornato al 2013 e l’Italia vi aderisca, la legge non regolamenta le singole sostanze per la loro invisibilità all’interno dei composti, dando il via libera a prodotti potenzialmente dannosi per la nostra salute. Leggi che tutelano il consumatore sono presenti, attualmente, solo in Francia (in seguito al dossier ANSES del 2013)e Danimarca.
La ricerca produce cifre su cifre degli effetti indesiderati di queste sostanze senza essere presa seriamente in considerazione e senza garanzie di fondi da parte statale che facilita, al contrario, la logica di mercato delle industrie, la cui offerta è un’immissione pressoché continua di questi prodotti sintetici a basso costo e facile reperibilità senza riguardo all’etica ambientale o di controllo della tossicità delle sostanze chimiche impiegate. Fin dal 1999 ELLE(ente di collaborazione di ONG e scienziati di tutto il mondo) lotta per farsi sentire a Bruxelles ma non si è ancora trovato ad oggi un accordo per stilare una lista esaustiva di sostanze chimiche nocive e far rispettare i limiti di tollerabilità a livello industriale. Il loro impatto sulla salute è anche un problema a livello economico per la sanità pubblica mentre non lo sarebbe affatto per le multinazionali, dato che l’utilizzo di materiali non dannosi apporterebbe una perdita irrisoria sul fatturato di 0,02 centesimi a pezzo come evidenziato in un dossier segreto pubblicato dal giornale francese Le Monde.
Il maschio si sta femminilizzando?
Gli ftalati sarebbero smaltibili dal corpo in ventiquattr’ore ma la loro presenza costante nell’ambiente in cui viviamo e nella maggior parte dei prodotti di consumo, inquina costantemente il nostro sangue. Gli aspetti più sorprendenti ed indesiderati di queste molecole si hanno già a partire dal feto sugli organi destinati a regolare la riproduzione umana, in particolare nei maschi poiché si sostituiscono o inibiscono gli ormoni sessuali funzionando come interferenti endocrini, essendo per natura simili agli estrogeni. Ne consegue un rischio maggiore alla nascita di ermafroditismo o intersessualità dovuti ad una mancata differenziazione sessuale nel feto, difficoltà ad esprimere i caratteri secondari maschili(tonalità della voce, presenza minore di peli superflui nel corpo, diminuzione della libido)ed l’infertilità, per carenza di spermatozoi vitali e mobili, in età adulta che in Italia, sta iniziando a preoccupare non poco gli scienziati. Nei campioni di sangue di uomini di sessant’anni prelevati a Padova, l’efficienza degli spermatozoi di un italiano su cinque si è dimezzata rispetto alla generazione precedente, così come il potere di fecondazione dell’ovulo degli stessi. Nel giro di una generazione, una riduzione del cinquanta per cento è notevole così come il rischio di infertilità che colpisce un uomo su tre in giovane età. Questi dati mettono in allarme sull’aumento, già nei prossimi cinquant’anni, della tendenza attuale. Se non si interviene subito, il rischio per le coppie di non avere figli non potrà che crescere. Già ora, almeno una coppia su cinque si rivolge annualmente alle cliniche specializzate nella fecondazione in vitro(la più importante è quella di Roma) per l’impossibilità di avere bambini a causa dell’infertilità del partner maschile.
Non è solo questione di bellezza ma di benessere: le risposte ecocompatibili della dermocosmesi
All’inverso, come spiegato dalla psicologa Giulia Geitliger, si sta verificando a livello collettivo, una crescente chemofobia, un’avversione non sempre giustificata a tutto ciò che di chimico ci circonda ma che è base indispensabile al nostro comfort domestico dovuta alla disinformazione sui reali effetti collaterali delle sostanze immesse nel mercato dall’industria cosmetica e non. Le si affianca un’urgenza, non solo nostalgica e romantica, del contatto diretto con la Natura ed i suoi ritmi ed un ritorno ad un uso più attento delle materie prime a volte estremizzato.
Per questo, dalla sinergia tra sapere scientifico farmaceutico dei laboratori di ultima generazione e cultura dell’estetica d’origine greca è nata una disciplina vera e propria, la dermocosmesi che vuol andar incontro a questa nuova esigenza ed etica ambientalista smussandone l’eccesso.
I frutti della sua ricerca hanno portato la diffusione di prodotti cosmetici nella nostra routine di bellezza e cura quotidiana che si stanno fortunatamente sostituendo ai petrolati e i derivati della chimica pesante. Infatti, i cosmeceutici (termine coniato per la prima volta in America da Albert Klingman, inventore dell’antiacne Retin A) sono prodotti molto meno invasi dei cosmetici desueti ma più terapeutici delle singole sostanze vegetali presenti in natura perché contengono i principi attivi comuni dei farmaci,anche se in dosi più blande. Va precisato che non possono essere naturali per definizione stessa, i maggiori prodotti cosmetici in circolazione nonostante i miti moderni sulle loro diciture( naturali, biologici, bio-ecocompatibili) poiché niente che sia sintetizzato in laboratorio è al cento per cento naturale ossia vegetale come un olio, un burro ma non per questo, tutto ciò che è curato da mano umana è a priori una sostanza dannosa . Così come l’industria, anche la natura presenta i suoi limiti, in quanto non esistono materie prime completamente utilizzabili così come sono, vuoi perché occorre purificarle tramite ionizzazione in laboratorio vuoi perché sono composti di grandi molecole non facilmente assimilabili dal film idrolipidico cutaneo e vanno quindi incorporate in capsule di particelle lipidiche più piccole, affini o tollerabili dalla nostra pelle. Ad esempio, gli oli essenziali, nonostante le loro molteplici proprietà e qualità aroma terapiche, possono provocare allergie, se assunti in dosi eccessive. In altri casi, si desidera potenziare il rilascio e l’effetto dei principi attivi di sostanze naturali, possibile solo grazie al contributo della scienza medica per rendere più efficacie l’azione del cosmetico.
In conclusione, la ricerca della dermocosmesi è un passo avanti ingegnoso che instaura un dialogo non più unidirezionale o in contrasto tra chimica e natura ma apporta anche un maggior beneficio alla salute umana, a minor impatto ambientale e un ponte tra due mondi culturali distanti,quello della scienza da un lato e della società dall’altro. Sostanze chimiche o naturali non sono imputabili prese singolarmente né possono provocare danni, come spiega il cosmetologo Luigi Rigano;anzi, una sintesi chimica di sostanze è necessaria per ottenere emulsioni per la pelle sicuri, efficaci e stabili nel tempo. È il loro abuso e la mescolanza di vari composti chimici che crea effetti deleteri per il corpo come evidenziato da Lisa Liotti così come la confusione tra l’uso corretto di prodotti per uno stile di vita sano ed un ecologismo estremo, altrettanto che l’indifferenza all’immissione di prodotti contenenti sostanze chimiche dannose per la nostra salute.
Di Veronica Rossetti