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Gebiodiv: monitorare, proteggere e ripristinare habitat degradati


Italia e Francia collaborano per conservare la biodiversità sulle Alpi partecipando al PITEM Biodiv’ALP: in questo quadro sono importanti le occasioni di confronto e condivisione delle rispettive esperienze, come il seminario svoltosi lo scorso 28 gennaio nell’ambito del progetto specifico GEBIODIV
La diversità della vita, o biodiversità, appassiona grandi e piccini fin dall’antichità con le molteplici forme che assume. Piante erbacee fiorite, arbusti spinosi o meno, alberi ad alto fusto con aghi o con foglie dalle strane forme, grandi carnivori predatori, piccoli erbivori curiosi, invertebrati alati, terricoli o acquatici, anfibi delicati o rettili inaspettati, sono solo alcuni esempi generici della moltitudine di esseri viventi che il nostro Pianeta accoglie. Si potrebbe andare avanti all’infinito.

Che cos’è un habitat?
Chi ha mai sentito parlare di formazioni erbose naturali o secche seminaturali, facies coperte da cespugli, paludi basse calcaree, o acque correnti e tratti di corsi d’acqua a dinamica naturale o seminaturale (letti minori, medi e maggiori) in cui la qualità dell’acqua non presenta alterazioni significative? Niente panico! si tratta della descrizione e della definizione di alcune categorie di habitat ovvero di quei luoghi che presentano le caratteristiche idonee ad ospitare una o più determinate specie animali o vegetali. A livello europeo, molti habitat vengono riconosciuti, categorizzati, descritti e tutelati con priorità grazie alla Rete Natura 2000, uno strumento utile alla conservazione della biodiversità. Nello specifico parliamo di rete ecologica, che è stata istituita ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) e che consente il monitoraggio e il mantenimento degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali rari o minacciati.
Sulle Alpi gli habitat di interesse europeo sono molteplici, dalle praterie di pascolo alle torbiere e foreste, dai corsi d’acqua in corrente ai bacini lacustri con acque lentiche e ferme. Nel corso del tempo, però, la biodiversità presente in queste aree ha subìto – e sta tuttora subendo – forti pressioni. Si pensi ad esempio all’abbandono degli ambienti di alta montagna, aree per secoli dedicate al pascolo che, in assenza di mandrie e allevatori, tornano ad essere colonizzate da arbusti e piante ad alto fusto. Oppure alla pratica del pascolo in zone di torbiera o in altre aree le cui dimensioni non riescono a sopportare il carico del bestiame portato in alpeggio. Un ulteriore esempio è la continua immissione di specie alloctone o esotiche nell’ambiente, che possono diventare stabili e fortemente invasive.

GEBIODIV, ovvero la ricerca di risposte tramite la collaborazione fra Stati e regioni diverse
A queste problematiche, che vanno ad impattare sugli habitat mettendo a rischio la biodiversità dei nostri territori, tenta di dare delle risposte il progetto PITEM Biodiv’ALP, grazie al quale Italia e Francia collaborano per la conservazione della biodiversità sulle Alpi. E’ in questa cornice che si è svolto – lo scorso 28 gennaio – un seminario di confronto delle esperienze transfrontaliere sulla gestione dei fattori di erosione della biodiversità.

GEBIODIV è il nome del progetto specifico di Biodiv’ALP, capofila la Regione Piemonte, che si occupa del ripristino concreto di habitat degradati anche grazie al dibattito costruttivo con gli altri partner. Le tappe del percorso che affronta GEBIODIV sono articolate in maniera tale da riconoscere quelle che sono le diverse fonti di pressione dei fattori di degrado delle aree, confrontarsi con i partner di progetto per individuare le migliori metodologie di gestione e avviare l’apertura di veri e propri cantieri di recupero e ripristino delle zone prescelte. Per raggiungere lo scopo,

GEBIODIV ha intrapreso un lavoro di analisi, studio e caratterizzazione del territorio in oggetto e degli habitat coinvolti ed ha posto le basi per l’apertura, nel solo Piemonte, di 30 cantieri. La maggior parte di questi comprende zone di pascolo, aree interessate dalla presenza di specie esotiche invasive e habitat fluviali o stagnanti fortemente alterati.
Durante il seminario esperti e tecnici hanno avuto modo non solo di confrontarsi su quali fossero le proprie esperienze in campo, ma anche di presentare specifici lavori coerenti con i temi in discussione.
Tra le fonti di pressione emerse ritroviamo una gestione pascoliva e agronomica che comporta sovrapascolo, calpestìo e – talvolta – l’abbandono dell’area oppure attività turistiche impattanti spesso supportate dalla presenza di infrastrutture importanti. Inoltre non è raro scovare corsi d’acqua con una percentuale di specie alloctone più alta di quella relativa agli individui autoctoni.
Diverse sono le soluzioni proposte dai partecipanti nel corso della giornata: dalla sensibilizzazione nei confronti di un turismo più consapevole e sostenibile ad una particolare gestione del pascolo in quota. Per le aree di torbiera o in alcune zone umide, ad esempio, si potrebbe pensare di vietare il pascolo, mentre per contrastare l’abbandono dell’alta montagna si potrebbe pensare, e qualcuno già lo fa, di adottare greggi di servizio da parte degli enti di gestione, organizzare degli interventi per mantenere aperte le aree minacciate dall’invasione di alberi e arbusti oppure incentivare il pascolo.

Infine, ogni occasione è buona per intrecciare e tessere un dialogo ed un legame forte con gli attori principali delle attività umane che, spesso involontariamente, portano al degrado di habitat particolarmente interessanti. Spesso sono proprio i professionisti del pascolo o gli abitanti delle aree coinvolte ad essere in prima fila nella lotta contro le pressioni con le quali convive l’incredibile biodiversità del nostro Pianeta.

Fonte Piemonte Parchi

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.