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Diario di viaggio al Kilimangiaro


Un gruppo di amici appassionati di montagna residenti in Val Seriana (BG) sono andati sul Kilimangiaro, la più alta montagna africana con i suoi 5895 metri di quota. Ecco il racconto di Stefano Ghilardi

“Partecipanti alla spedizione : Andrea Ghitti, Stefano Ghilardi, Matteo Perolari e Mattia Bertulezzi.
Atterriamo il 23 dicembre a Dar es Salaam, la più grande città della Tanzania e vecchia capitale del paese sulle coste dell’oceano Indiano a solo un paio d’ore di traghetto da Zanzibar. Qui è piena estate con temperature che sfiorano i 30°C, siamo in una città sconosciuta al turismo e non vediamo altri bianchi al di fuori di noi.
Una città non molto sicura e dopo solo un giorno, con una jeep a noleggio ci dirigiamo a nord del paese in direzione del Kilimangiaro, quasi al confine con il Kenya. Un viaggio molto lungo, più di 500 km e durato quasi dodici ore per strade che attraversano la savana e vari villaggi dei Masai, le tribù di pastori che abitano queste zone. Qualche imprevisto durante il tragitto, la batteria della jeep sta tirando le ultime ma dopo un pò di spinte e Andrea che ha provato a smuovere i cavetti riusciamo a farla ripartire ed a proseguire.

Dopo molta savana con i suoi immensi alberi baobab vediamo spuntare il Kilimangiaro all’orizzonte con la sua cima innevata che si fa sempre più imponente, arriviamo a Moshi, l’ultimo paese abitato alle pendici del gigante d’Africa.
L’indomani è dedicato alle preparazioni degli zaini con le scorte di viveri per cinque giorni, tende, materassini e sacchi a pelo e vestiario dai quasi 30° ai -10°/-15° previsti in vetta. Il nostro hotel ci propone un gran numero di personale per questa spedizione: tre guide, un cuoco e sei portatori. Noi decidiamo di farla in puro stile alpino e con i nostri sforzi rifiutando tutti queste persone. Purtroppo le guide sono obbligatorie e ne prendiamo due con i loro due portatori. All’indomani i nostri zaini pesano sui 20 kg l’uno.

Numerose sono le vie di risalita del Kilimangiaro, scegliamo la Rongai route, una delle più panoramiche quasi al confine con il Kenya mentre per scendere la Marangu route, la più veloce. Partiamo da circa 1200 metri di quota in una zona di foresta pluviale, tutti a mezze maniche con pantaloncini corti, passiamo in stretti sentieri tra cascatelle, alberi e liane e intravediamo vari babbuini. Il cielo si copre in un paio d’ore e un’intensa pioggia ci accompagna per il resto della giornata facendoci arrivare al primo campo a 2600 m completamente lavati. Fortunatamente verso il tardo pomeriggio si apre il cielo facendoci intravedere la vetta imbiancata, montiamo le nostre tende e mettiamo ad asciugare i vestiti. Noi e le nostre guide siamo completamente da soli in mezzo alla giungla.

Si riparte il giorno dopo e si prospetta una giornata di tempo completamente sereno anche se alzandosi di quota dovremo sostituire le mezze maniche a magliette a manica lunga. Dopo soli duecento metri di quota a circa 2800 m la foresta pluviale va man mano svanendo e inizia a scomparire la vegetazione lasciando posto a numerose rocce e molti arbusti qua e là. Una lunga giornata di cammino, quasi otto ore a passo lento per acclimatarsi anche grazie all’aiuto dell’acqua, cerchiamo di bere il più possibile. Ci riforniamo in qualche sorgente dove filtriamo l’acqua raccolta.
Arriviamo nel tardo pomeriggio a 3900 m di quota in un paesaggio quasi lunare, la vegetazione è scomparsa e con gli zaini così pesanti iniziamo ad essere un pò affaticati. Cerchiamo di fare una cena piuttosto leggera per non appesantirci troppo con l’acqua della pasta che fa fatica a bollire. Nella notte Matteo ha qualche problema di respirazione con una tosse molto forte anche se dopo un’oretta svanisce tutto. Oltre a questo una bellissima stellata ci fa da contorno, vediamo anche la via Lattea.

Il giorno dopo ci aspettano quasi 1000 metri di dislivello, l’andatura è molto lenta e sentiamo tutti e quattro la mancanza d’ossigeno, attorno a noi spunta la vetta il Mawenzi, il secondo cratere della montagna a 5100 m. Inizio ad avere un pò di affaticamento ed arriviamo nel primo pomeriggio a Kibo Hut, 4800 m, l’ultimo campo prima della salita alla vetta. Quasi come essere sul Monte Bianco, qui ci incrociamo con le altre vie di risalita e vediamo altri quattro campi tendati oltre al nostro.
Ci aspettano quindi gli ultimi mille metri di dislivello prima dell’arrivo alla vetta, decidiamo di partire a mezzanotte dal campo tendato lasciando quasi tutto nelle tende e prendendo lo stretto necessario. Siamo sullo zero come temperatura, abbiamo i primi sintomi dell’altitudine: mancanza d’appetito e mal di testa. La nostra cena consiste in un thè caldo, biscotti miele e marmellate. Facciamo quasi difficoltà a montare la tenda. Dopo qualche ora di riposo, (è stata dura prendere sonno) si fa mezzanotte e ci attrezziamo per l’ultima salita alla vetta. Frontalino in testa e si parte verso il tetto d’Africa con ancora una bellissima stellata che domina tutta la savana. Non c’è neanche una nuvola e intravediamo i piccoli villaggetti illuminati, anche quelli del Kenya intravediamo con i vari parchi nazionali.

Risaliamo in una lunghissima salita lungo il vulcano dove non ci sono pezzi piani che danno tregua, il mio mal di testa è costantemente presente, per qualche secondo mi si appanna anche la vista e sono costretto a fermarmi per un attimo. Dopo i 5000 metri inizia a comparire sempre più spesso la neve anche se non sul sentiero, intravediamo l’immenso ghiacciaio. A questa quota è presente la metà dell’ossigeno rispetto al livello del mare, ogni circa cento metri facciamo una sosta di qualche minuto e continuiamo a bere. Arriviamo al Gilman’s Point, l’inizio dell’immenso cratere, una zona meno ripida a 5685 m completamente innevata.
In meno di due ore raggiungiamo la vetta alle 5,30 giusto il tempo per vedere l’alba più emozionante della mia vita, un abbraccio con i miei compagni di spedizione e le guide nel punto più alto dell’Africa, 5895 metri, dopo una lunga strada e tanta attesa per questo momento. Passiamo un’oretta in vetta per la posa della nostra bandierina italiana con le nostre firme e poi iniziamo la discesa.

Verso mezzogiorno raggiungiamo il nostro campo base e provati un pò dall’altitudine e la stanchezza non mangiamo neanche e ci mettiamo a riposo. Dopo qualche ora ripartiamo verso la discesa, smontiamo le tende e scendiamo lungo la Marangu route fino a 3500 metri. Pian piano stiamo tornando alla normalità, il mal di testa sta per svanire e torna un pò l’appetito.
Il giorno dopo una lunga discesa con la ricomparsa della giungla e il ritorno al caldo clima africano, le nostre fatiche non le sentiamo dopo il grande risultato raggiunto!

Di Stefano Ghilardi

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.