Camminare nella Riserva Naturale della Val Sarmassa, sui sentieri dello scrittore Davide Lajolo
La Riserva Naturale della Val Sarmassa sorprende per le tante sfaccettature e valenze che conserva tra le sue valli e alture. Straordinari tesori paleontologici, paesaggi naturali, la grande bellezza dei vigneti e le suggestioni storico letterarie a firma di Davide Lajolo
Collina e vigna, collina e bosco: usuali binomi, consuete immagini che descrivono il paesaggio collinare, dove la componente naturale e il lavoro dell’uomo – come i dorsali trapuntati di ordinati vigneti – sono affiancati e intrecciati.
Meno comune è immaginarsi tra le colline, a pestar sabbia. L’esperienza del cammino qui ci avvicina al mare, è un tuffo nello spazio marino del periodo pliocenico, ma anche un tuffo nel mare verde narrato dallo scrittore Davide Lajolo, nato nel 1912 a Vinchio.
Lo so, conosco tutte le tempeste del mondo, ci sto dentro e non mi tirerò indietro, ma in questo momento sto con l’usignolo e tremo di tenerezza.
Sono sue parole a difesa dell’area naturale che oggi conosciamo come Riserva naturale della Val Sarmassa, che rischiò di essere sfregiata dalla speculazione edilizia, finalmente tutelata dalla Regione Piemonte nel 1993 e oggi parte del Parco Paleontologico Astigiano.
Dov’è la Val Sarmassa
Siamo nel settore centro orientale della provincia di Asti, a sud del fiume Tanaro, tra i comuni di Vinchio, Vaglio Serra e Incisa Scapaccino. Un’area protetta che visiteremo seguendo un percorso che disegna un doppio anello di circa 13 chilometri e prende avvio dal parcheggio ‘La Ru’, situato sulla strada provinciale n. 40 che unisce Vinchio a Cortiglione, crinale che divide la Val Tiglione dalla Val Marzano.
Il percorso
Si accede nel parco affiancando un casòt, il primo di una serie. Si tratta di piccole architetture partecipi del mondo contadino, costruite per il ricovero degli attrezzi di lavoro agricolo, in particolare la viticoltura, e all’occorrenza utili per trovare riparo. Elementi che, unitamente ai tanti trogoli che vedremo nel bosco, raccontano di un paesaggio che un tempo era prevalentemente vitato, mentre oggi è stato in parte rinaturalizzato con lo sviluppo di piante pioniere.
Si giunge a una grande quercia (in piemontese ru), identificabile come la quercia su cui Ariosto adagiò la sua amata Clelia per preservarla dalla peste. Si tratta dei protagonisti di una triste leggenda narrata nel romanzo di Lajolo: ‘Veder l’erba dalla parte delle radici’, dove è scritto: Bisogna andare sugli alberi, più si va in alto, più la peste non coglie.
Sono le piante della libertà: Le piante e i cespugli che ci confortavano con la loro ombra, così le descrisse in un’intervista lo scrittore, che ebbe, in queste terre, un importante ruolo nella lotta di Liberazione.
Arrivati alla grande quercia (area attrezzata), che nella livrea autunnale mostra bronzee foglie dalle sfumature oro e arancio, si discende la via sterrata a sinistra incassata tra i castagni e che ben presto affianca una vigna. La discesa, seguendo alcuni turnichè , conduce a valle dove crescono pioppi, coltivati in file regolari, ritti, paiono incassati/incastrati nella stretta valle di queste colline. Giunti al piano, li si fiancheggia per piegare a sinistra in direzione della visibile area attrezzata. Si lascia l’area seguendo il percorso che piega leggermente a sinistra per salire su un single track che segna il sottobosco. A far da passatoia naturale sono le tante foglie delle querce e le ghiande che scricchiolano sotto i passi. A poca distanza dall’apice del colle appaiono evidenti, tra gli alberi privi di foglie, verdi cespugli di pungitopo, abbelliti dalle globose bacche rosse.
Al termine del bosco ritroviamo la vigna e, subito dopo, si incrocia una carrozzabile sterrata che si intraprende andando a destra. Quattro passi e si è al Bric Tre Vescovi, così denominato perché era punto di confine tra tre differenti giurisdizioni vescovili: Asti, Acqui Terme e Alessandria. Bacheche con cartine indicano il punto in cui ci si trova e un casòt troneggia nel mezzo del verde.
Si avanza, la strada in cresta consente di godere di un ampio panorama, sulla sinistra in primo piano l’abitato di Cortiglione. Siamo in via Monte Mare che affianca le vigne della Cantina Vinchio e Vaglio Serra, cinte da reticolati per impedire la libera ‘vendemmia’ degli ungulati.
Diritta e pianeggiante prosegue la bella via panoramica (si trascuri il primo bivio che scende sulla destra) che giunge a incontrare un altro casòt affiancato da un alberello di nespolo e da noccioleti. Lasciato il casolare, la strada piega a destra e diviene sentiero, inoltrandosi tra la vegetazione del bosco. In breve il tratto discende e, giunti ad una biforcazione, si deve andare a destra proseguendo la discesa che si inoltra vieppiù nel bosco, disegnando curve decise. Si raggiunge un altro casòt che ha alle sue spalle un anfratto scavato nella friabile roccia sabbiosa. Si prosegue ancora in discesa fino a raggiungere il fondovalle della Valle Valtinverno. Raggiunto il piano si è di fronte ad un quadrivio, è evidente, per la presenza di una vicina cascina, che si è arriati al limitare dell’abitato di Incisa Scapaccino, come indicano i segnavia. Si prosegue diritto (andando a destra è possibile raggiungere il Lago Valtiverno, piccolo bacino artificiale dove si trova la sede del Circolo Arci – Associazione La lenza incisiana), per salire sul versante opposto, percorrendo dunque il versante orografico sinistro della valle. Giunti in cima, si svolta a sinistra su sentierino che a sua volta conduce a una strada sterrata che si intraprende andando a destra. Il tracciato con lievi saliscendi, in parte contenuto da staccionate, indirizza al ritorno presso il Bric Tre Vescovi dalla direzione contraria rispetto quella fatta in andata.
Qui si chiude il primo anello e si avvia il secondo, andando a ritroso rispetto all’itinerario d’andata, in direzione della strada provinciale 40. Attraversata la strada asfaltata si scende a sinistra all’altezza del pilone votivo dedicato a Maria, lasciando così la provinciale per inoltrarsi nel verde in direzione di Belveglio e della Val Tiglione. Il bosco accompagna la discesa. Si affiancano le Case Serralunga (territorio comune di Cortiglione) che trascuriamo per proseguire sempre in discesa nel verde ed arrivare infine su una nuova strada asfaltata nel territorio di Belveglio. Qui si va a sinistra e dopo 200 metri ancora a sinistra, all’altezza della cappelletta dedicata a Maria Assunta. Si affianca un grande cascina e si procede in lieve salita in direzione di Vinchio.
In breve incontriamo sulla destra della via un’area di interesse geo-paleontologico, con una grande parete attrezzata, dove è possibile osservare affioramenti fossiliferi presenti nei sedimenti marini stratificati. Un racconto che descrive il ciclo del graduale ritiro del Mare Padano dal Bacino Pliocenico Astigiano, una sequenza litologica che ha come protagoniste le argille e le sabbie astigiane, cui si aggiungono depositi i villafranchiani, quest’ultimi coevi ma originatisi nella terra ferma, anziché in mare.
Lasciato questo punto si prosegue in salita, dunque tenendo la destra al bivio che si trova appena dopo l’area attrezzata, guidati dalla segnaletica che indica la direzione di Vinchio (32 minuti). Stessa scelta si ripete al successivo bivio dove si trascura nuovamente la via che a sinistra tende a scendere, per proseguire invece in salita.
Tutto il tratto che ci separa dall’arrivo al paese di Vinchio è un’esperienza immersiva nel mare, nel mare che non c’è più. In alcuni tratti la strada sabbiosa, con il sole, brilla per i tanti frammenti di conchiglie fossili presenti nel suolo sabbioso e le gialle pareti entro le quali è incassata la strada rilevano la presenza di abbondanti molluschi fossilizzati. Una tentazione per i più lasciare traccia del proprio passaggio con l’incidere nomi e lettere su queste pareti facilmente incisibili.
Ma tentazione ben più grave, cui sembra che molti siano caduti, è quella di raccogliere, raschiando le pareti, questi documenti di storia naturale.
Arrivati a Vinchio si prosegue andando a sinistra sulla strada asfaltata per salire al punto di partenza, nei cui pressi è stata posizionata una panchina gigante dal color rosso Barbera, che campeggia su un poggio altamente panoramico e invita ad una gradevole momento di riposo e ammirazione del mare verde di lajoliana memoria.
Fonte Piemonte Parchi