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Bhagirati III (6457 metri India): l’alpinista Daniele Nardi apre una nuova via


Daniele Nardi, atleta del SALEWA alpineXtrem Team, e il compagno di cordata Roberto Delle Monache hanno aperto una nuova via sulle pareti di ghiaccio del Bhagirathi III, in India.

Il gruppo del Bhagirathi è famoso per la conformazione morfologica dei suoi rilievi e i più grandi alpinisti di tutti i tempi si sono spesso cimentati su queste pareti. È così che il 14 settembre Daniele Nardi, atleta del SALEWA alpineXtrem Team, e il compagno di spedizione Roberto Delle Monache, hanno iniziato la scalata, scegliendo una via di salita con difficoltà M6/M7 A3 WI5+.

Dopo un inizio insidioso, gli alpinisti sono riusciti a raggiungere la parte finale, ma una volta giunti sulla cresta sommitale, a 200 metri dalla vetta del Bhagirathi III, sono stati costretti ad una ritirata causata da accumuli di neve e slavine. Siccome la discesa dalla parete di salita non è stata possibile per l’improvviso cambio delle condizioni meteo, i due hanno deciso di scendere dal versante opposto avventurandosi in un luogo a loro sconosciuto: dopo aver aggirato tutto il gruppo dei Bhagirathi per un totale di 16 ore di cammino continuativo, Daniele e il compagno di cordata sono riusciti a rientrare a notte fonda del terzo giorno al campo base di Nandavan.

«Siamo rientrati al campo base dopo 62 ore di scalata, due bivacchi in parete ed un principio di congelamento alle mani e ai piedi, è stata una grande avventura» ha commentato Daniele Nardi, entusiasta per il raggiungimento di questo obiettivo fuori programma. I due alpinisti non hanno esitato a dedicare la nuova via a Walter Bonatti, leggenda dell’alpinismo italiano da poco scomparso.

Ed ecco le parole dell’alpinista SALEWA alpineXtrem Team al suo rientro in Italia.

– Quando e come ha avuto inizio questa avventura?

– Siamo partiti dall’Italia lo scorso 23 Agosto. Ci siamo diretti al gruppo montuoso dei Bhagirathi in India con l’obiettivo di aprire una via nuova tra il Bhagirathi III ed il Bhagirathi IV e ripetere una via sul Bhagirathi III di 6457 metri. L’avvicinamento è stato fantastico, denso di significati spirituali. Abbiamo attraversato il Garhwal Indiano, nell’estremo nord dell’india, dove la catena montuosa dell’Himalaya incontra l’India. Siamo arrivati proprio dove nasce il fiume Gange, e li ho immerso le mani, nell’acqua del fiume religioso più importante del mondo. Una esperienza grandiosa.

– Le condizioni meteorologiche avverse hanno in realtà trasformato quella che sembrava una ritirata in un successo, raccontaci come è andata l’apertura di questa nuova via.

– I numeri non sono sufficienti per raccontare l’esperienza ma danno una indicazione delle difficoltà incontrate, WI5+, M6/7, A2/A3, 1250m di sviluppo, 1018m di dislivello, due bivacchi in parete, uno per l’avvicinamento, 52 ore di scalata e circa 14 per scendere per un totale di 66 ore e quattro giorni di impegno complessivo. Per non parlare di un principio di congelamento. Passate due settimane di maltempo abbiamo dovuto rinunciare allo sperone di roccia che ci eravamo prefissi di scalare, la via dei Catalani chiamata “Impossible star”, ma la ritirata dalla vetta del Bhagirathi III si è trasformata in un successo con l’apertura di una nuova via.

– Come mai questa volta hai deciso di scalare una montagna di soli 6457 metri e non un 8000?

– C’è stata un’evoluzione nel mio modo di scalare. Oggi mi interessa di più la difficoltà tecnica. Mi piace portare lo stile alpino sulle montagne himalaiane. Progressione tecnica in alta quota. Riuscire a fare dei passaggi tecnici a bassa quota è completamente diverso che farli a 6000 metri dove la carenza di ossigeno e la lontananza da casa crea insicurezze in ogni alpinista. Questo è il mio interesse portare la progressione tecnica nelle mie scalate in Himalaya.

L’alpinismo ti permette di conoscere realtà e culture sempre diverse…

Quello dell’alpinista, non è un vero e proprio sport, ma un’attività estrema, non è come giocare una partita di calcio in una città sconosciuta dove non serve conoscere la cultura. Per un’alpinista, e per me in particolare, è molto importante entrare in punta di piedi nella cultura che ci ospita, cominciare a capirla e piano piano chiedere il permesso di scalare. Questo tempo serve anche a me per prendere contatto con l’impresa estrema che mi accingo a fare. E’ come mettere in incubazione il seme della scalata, sentirsi partecipe di quella cultura che ci sta dando la possibilità di fare qualcosa di importante ed inoltre ci permette di arrivare a quella concentrazione che ha un po’ di mistico, che ci permette di spingerci al vero limite e non quello presunto. Il viaggio di avvicinamento è fondamentale per allontanare i pensieri che ci portiamo dalla nostra vita normale ed entrare in una dimensione di concentrazione “pulita” fondamentale per la riuscita dell’impresa.

– Come ti prepari a un impresa di questo tipo?

– Cerco sempre di calcolare tutto in anticipo, da quando decido la via di salita seduto sul divano di casa a quando preparo il cargo da spedire. Un’altro aspetto su cui mi sto concentrando molto negli ultimi anni è anche quello della formazione, con il mio grande amico e trainer Stefano Tassone abbiamo realizzato un programma chiamato Climb Yourself, è un modello su cui io mi alleno per la focalizzazione dell’obiettivo, l’eliminazione degli autosabotaggi, e la pre-visualizzazione del risultato. In questo modo cerco di ottimizzare le possibilità di riuscita dell’impresa.

Scalare in stile alpino non è facile, nello zaino ci deve essere il necessario per arrampicare e sopravvivere: cibo, materiale da bivacco, corde, attrezzatura per la scalata, guanti di ricambio. Non puoi portare tutto. Sono particolarmente soddisfatto delle corde SALEWA, per andare super leggeri abbiamo usato una sola mezza corda, quando generalmente se ne usano due. Nel tratto più impegnativo di artificiale un chiodo è venuto via e sono volato per 8/10 metri. Ho verificato che anche una sola corda regge un volo … ma non vorrei ripetere l’esperienza! Ma anche l’abbigliamento non mi ha deluso, giacca e piumino a diretto contatto con la neve ed hanno resistito molto bene al freddo.

– Prossimi obiettivi?

Sono rientrato da poco, ma ho già in mente alcuni progetto che ufficializzerò fra qualche settimana, molto dipende anche della ripresa delle mie dita. In questi giorni sono impegnato in un nuovo corso di arrampicata nel pontino dove potrò dare la possibilità a chiunque di avvicinarsi allo sport dell’arrampicata sportiva, mi piace molto trasmettere agli altri la mia passione per la montagna.

Fonte Ufficio Stampa Salewa

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.