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Autostrade contro superstrade ciclabili: in Italia vince l’auto e lo spreco


La sindaca di Parigi Anne Hidalgo taglia il nastro alla prima superstrada ciclabile a Parigi. 150 milioni di euro per arrivare a un chilometro e mezzo di piste ciclabili nella capitale francese, parcheggi intermodali e riqualificazione urbana. In Germania alla fine del 2015 il primo tratto della tedesca Radschnellweg RS1 è stato aperto come la prima superstrada per bici del paese con 184 milioni di euro di investimento e 5 chilometri iniziali dei 100 previsti. In Danimarca la Cycle Super Highway collega in 20 chilometri di tratta la città di Copenhagen con la città di Albertslund.

Il magazine di Legambiente La Nuova Ecologia riporta i dati di un approccio diverso dell’Italia. L’auto si sa è una compagna inseparabile degli italiani ma un po’ per la crisi un po’ per abitudine a cantierare le grandi opere infrastrutturali sono state aperte nuove tratte autostradali che nonostante il nostro entusiasmo per le quattro ruote non riescono a mantenersi economicamente. È il caso della autostrada lombarda A35 Brebemi, una lingua d’asfalto di oltre 60 chilometri che per ogni chilometro ha almeno un milione di euro di passività.

Il flop è colpa dei calcoli sbagliati: flussi che prevedevano oltre 42.800 vetture al giorno per il 2016 per una capacità almeno tripla si sono tradotte in una realtà di 5-10.000 unità in meno. Risultato? 320 milioni di euro sborsati dallo Stato tramite il Cipe. Uso talmente disinvolto di denaro pubblico da accendere gli allarmi a Bruxelles, dove la commissaria europea alla Concorrenza Margarethe Vestager si è vista recapitare nel 2015 una interrogazione scritta da tre europarlamentari M5S dove si chiedeva di far luce sull’autostrada che inizialmente doveva essere finanziata solo con fondi privati.

La domanda sulle grandi opere passa dalla Tav e arriva alle autostrade, tanto che un giornalista che non si può accusare di simpatie grilline, anarchiche o antisistema come Gad Lerner ha twittato: Gli abitanti della Val di Susa avevano ragione: la Tav non era un dogma e si poteva tagliare. Lotta giusta, vinta l’ottusità dei governanti.

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In un periodo come quello che stiamo attraversando, dove crisi economica, sfiducia profonda nella politica, degrado sociale e urbano si incontrano possiamo permetterci di spendere il doppio del denaro pubblico investito da Parigi per la mobilità dolce per compensare le passività di un’autostrada che si sta rivelando superflua? Non sarebbe meglio seguire Danimarca, Germania e Francia nella riscoperta delle due ruote, rimettendo in sesto le nostre città evitando di nuovi e deserti non-luoghi?

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.