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L’ambientalista egoista: taglio ai consumi sì, ma solo degli altri


Il concetto di per sé è affascinante: consumare meglio e bene, ridurre la propria impronta ecologica, ossia il consumo di anidride carbonica e l’emissione di inquinanti e implementare soluzioni di risparmio energetico nelle case. Peccato che alcune personalità grandi promotrici della frugalità energetica e dei consumi non applichino a sé quanto predicano alle masse e che alcuni eventi fatti per sensibilizzare le masse incolte in realtà li aumentino. Vediamone alcuni.

Al Gore

Ai tempi dell’uscita del suo An Incovenient Truth (in Italia Una scomoda verità) Al Gore, grande sostenitore delle teorie del cambiamento climatico espresse nel film documentario e vicepresidente degli Stati Uniti ai tempi di Bill Clinton, venne accusato dalla stampa di non applicare a se stesso le riduzioni dell’impronta ecologica su cui sensibilizzava il grande pubblico.

La villa di Al Gore, 28 vani, consumava in un anno oltre 200.000 Kwh quando una normale casa americana ne consumava 10.000. Dal 2006 Al Gore ha cercato di ridurre le emissioni ma la sua impronta ecologica rimane ben al di sopra di quella di un americano medio.

I cantanti del Live Earth

Proprio Al Gore è uno dei promotori del megaconcerto Live Earth. Il concerto doveva servire per istruirci sul cambiamento climatico. La punta di diamante dell’evento sono le star, e le star generalmente non hanno una grande propensione al risparmio energetico ed economico.

Nel 2007 gli stessi cantanti criticavano l’ipocrisia dei colleghi che parteciparono al Live Earth: chi sosteneva che è ridicolo predicare la riduzione delle emissioni quando le luci del palco consumano quanto dieci case (Arctic Monkeys), chi che l’evento non aveva obiettivi chiari ed era utile più al lancio di dischi che alla lotta al cambiamento climatico (Bob Geldof). Il cantante dei Pet Shop Boys, Neil Tennant, fu ancora più netto: “Sono sempre stato contrario all’idea che le rock star facciano prediche come se sapessero qualcosa che noialtri non sappiamo”.

L’evento, annunciato per il 18 giugno nell’arroccatissima Davos durante il World Economic Forum a inizio anno è stato rimandato a data da destinarsi.

Papa Francesco

Il Papa si è espresso contro l’ambientalismo di facciata. L’ultima enciclica Laudato sì mette i temi ambientali al centro del dibattito della Chiesa. Il monito del Papa contro le ipocrisie di alcuni ambientalisti è chiara: “cresce un’ecologia superficiale o apparente che consolida un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità – afferma Francesco – […] [q]uesto comportamento evasivo ci serve per mantenere i nostri stili di vita, di produzione e di consumo. E’ il modo in cui l’essere umano si arrangia per alimentare tutti i vizi autodistruttivi”.

Il Papa da quando si è insediato nel 2013 ha visitato undici paesi durante i viaggi apostolici, a cui vanno sommate le visite istituzionali (ad es. Strasburgo). Il mezzo principale per le lunghe percorrenze è stato l’aereo, ma anche per la visita apostolica a Torino del 21 e 22 giugno scorsi è stato usato l’aereo invece dell’auto o del treno ad alta velocità, che connette in 4 ore e mezza Roma e Torino. Secondo un breve calcolo effettuato tramite ecopassenger.org gestito dall’azienda di software del traffico HaCon, il Papa avrebbe evitato l’emissione di 68kg di CO2 e di 261kg di ossidi di azoto per il solo viaggio di andata a Torino.

Il Papa non può muoversi senza il suo staff e un calcolo completo dei costi ecologici dovrebbe comprendere il costo dello spostamento di tutta la “macchina” papale. La sproporzione fra i consumi dell’aereo e del treno per i viaggi all’interno dei confini italiani rende quest’ultimo il mezzo che meglio si adatterebbe alle parole del papa per i viaggi entro i confini europei. Grandi alternative ai viaggi transoceanici del Papa non ve ne sono, a parte l’utilizzo del clero, 199 cardinali dei cinque continenti (2015) e più 400.000 sacerdoti (2012) per veicolarne i messaggi da combinarsi all’uso delle nuove tecnologie.

Fate come dico, non come faccio

Ragionevolmente chiunque abbia a che fare con personaggi di questa importanza potrebbe obiettare che l’importante è il messaggio che trasmettono, e se per trasmetterlo consumano 20 volte più di noi ben venga.

Accettando questo assunto creeremmo due categorie: l’elite che può consumare, la grande maggioranza che deve ridurre i propri consumi e le proprie aspirazioni. Il bilancio in questo caso potrebbe essere positivo sia per l’elite che per l’ambiente ma non lo sarebbe per uno dei motori delle civiltà moderne, ossia la mobilità sociale.

La mobilità sociale è quella spinta che permette al figlio dell’operaio di studiare e ottenere un lavoro migliore di quello dei propri genitori, e per converso al figlio dell’imprenditore di decadere dal proprio status se non ha le capacità di gestire le proprie risorse.

Sicuramente la divisione fra chi può e chi non può consumare non sarebbe auspicabile neppure in termini macroeconomici: la contrazione dei consumi della grande massa avrebbe effetti depressivi, come questi anni di crisi ci hanno insegnato. Al contrario, produzione e consumo di beni e servizi utili, anche fuori dal sistema Denaro-Merce-Denaro, e riduzione di quelli inutili sono cardini di una economia della decrescita sensata.

“Decrescita” è stato pensato dai suoi teorici come Serge Latouche come termine per contrastare il totem della crescita a qualsiasi costo, non per sostituirlo con un altro di segno opposto. La lotta ambientalista del prossimo futuro riguarderà il miglioramento tecnologico, il miglioramento delle condizioni di vita delle persone anche tramite la mobilità sociale verso l’alto e la diffusione a livello mondiale del benessere con una più equa distribuzione delle risorse, riducendone l’impatto sull’ambiente.

Per saperne di più

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.