Alessandro Belluscio ci racconta la sua foto sportiva
Avevamo iniziato la scorsa estate una serie di interviste ai più bravi fotografi sportivi italiani, se ricordate abbiamo fatto quattro chiacchiere con Simon Cittati, Damiano Levati, Matteo Ganora, Luca Orlandini e Matteo Cappè.
Ora tocca ad Alessandro Belluscio un altro fotografo italiano molto apprezzato e conosciuto nello sport outdoor…
D: Come ti sei avvicinato alla fotografia e da quanto tempo fotografi?
R: Scatto praticamente da sempre, fin da bambino ho sempre giocato con la reflex di mio padre. Alternando periodi di full immersion a pause di diversi mesi, circa 6 anni fa ho deciso di trasformare la mia passione nella scusa ufficiale per staccarmi da casa e iniziare a girare per il mondo.
D: Qual’è stata la prima foto o servizio che hai venduto e cosa ci vuoi raccontare a riguardo?
R: Prime foto pubblicate… Onboard Italia un po di anni fa. Mi ricordo di aver divorato qualche rullo di Provia100 durante una ventosa mattinata in ghiacciaio per quelle foto pubblicate. Fu una grande soddisfazione, per me un traguardo, se ci penso ora ne è già passato di tempo…
D: Quando hai capito che con la tua passione ci potevi guadagnare lo stipendio?
R: Non so ancora se l’ho capito… Quello che mi ha sempre mosso nella fotografia è sempre stato sostanzialmente un elemento solo: la passione. Se dovessi ripensare a quel che visto, alle persone che ho conosciuto, alle esperienze vissute grazie alla fotografia fino ad ora, come recita una nota pubblicità… tutto questo non ha prezzo e l’unica cosa che mi viene in mente è continuare su questa strada. Ho avuto la fortuna di non dover regalare le mie foto all’inizio (cosa che i giovani che si avvicinano alla fotografia non hanno ancora capito), fortunatamente nel bene e nel male son sempre riuscito a farmi pagare per il lavoro svolto, quindi non ti saprei dire, piuttosto ti direi che a forza di fare lavori sempre più grandi e impegnativi iniziavo a rendermi conto di poter pensare seriamente a un qualcosa di duraturo e non solamente a un progetto momentaneo. Anche se i pezzenti delle grandi aziende che ti chiedono foto gratis ci son sempre stati e sempre ci saranno… per non parlare dei magazine che provano a barattare visibilità col tuo lavoro. Manco fossero Transworld o Bike mag. che la visibilità te la possono dare veramente e sono i primi a pagare!!…come direbbe il mio amico e rider Raffa Cusini che marci!!!.
D: Quali sono i servizi per clienti italiani e stranieri che ti hanno maggiormente soddisfatto?
R: Ogni lavoro lo vedo come un capitolo a se, se devo pensare a un qualcosa di recente potrei dirti il recente viaggio in Japan per The North Face oppure il lavoro con la Nimbus Independent sul Monte Bianco, o il viaggio con i top skier italiani in Colorado a marzo per 15 giorni, a colpi di trick, uno più potente dell’altro; di recente invece ho vinto la Best Action Photo al Nineknights.com Nico Zacek Invitational – check this out! probabilmente l’evento più importante di freeski nel panorama europeo e mondiale. Inoltre collaboro costantemente con Dalbello skiboots. Anche se non è stato un vero e proprio servizio, la vittoria allo Slopestylephotocontest di Nimis l’estate scorsa. Best book e best photo… e pensare che se non fosse stato per l’insistente Teo Ganora me ne sarei rimasto a casa ahahah . Ah! e il bello è che nella mtb non mi sono mai sbattuto più di tanto… in italia è impossibile provare a lavorare nella mtb, sembra tutto monopolizzato… sembra.
Poi oltre ai viaggi ho comunque lavorato in zona europa per aziende varie, cataloghi e shooting, non sto ad elencarteli… questo solo nell’ultimo anno.
D: Quanto spazio viene dedicato in Italia alla fotografia sportiva? e quali sono le differenze con l’estero?
R: Da quel che vedo in Italia siamo vittime del grande business del calcio. Che sia chiaro che non ho nulla contro i colleghi che si occupano del calcio! Il business ruota attorno al pallone, di conseguenza tutto quello che è correlato è esponenzialmente gonfiato, tutto il resto passa in secondo piano. È vero che talvolta si vedono immagini sportive associate al business, il freestyle e il freeride piacciono, non c’è nulla da fare, sono discipline spettacolari, ma finchè il business rimarrà della palla, in Italia non si andrà molto lontano. Ci fosse più interesse crescerebbe il mercato, si potrebbe investire su atleti, fotografi, immagini, sviluppo prodotto, invece in Italia siamo in balia di piccoli satelliti che importano i prodotti esteri. Dall’altra c’è da dire che comunque collaboro in modo trasversale sia con l’Italia (quel che si riesce, la realtà è molto legata) che con l’estero, dove le condizioni sono nettamente migliori.
D: Come viene riconosciuto il tuo lavoro in italia? e all’estero?
R: In Italia oltre ad essere un fotografo professionista freelance, mi occupo dell’editing di 4skiers magazine da ormai 5 anni, da quando è nata; questo sostanzialmente negli 8 mesi più freddi (si perchè per noi della neve la stagione inizia a ottobre e finisce a maggio 🙂 ) Pubblico su riviste di snowboard, ski, talvolta bike (pochissimo) e ho una serie di clienti con cui si è instaurato un rapporto di fiducia reciproca negli anni con cui realizzo dei bei lavori e con cui c’è un ottimo rapporto. All’estero ho pubblicato e pubblico in tutta Europa sulle principali riviste di settore, negli States ho delle collaborazioni da un paio di anni che piano piano funzionano sempre meglio. Di sicuro non è pubblicando che pago le spese e le tasse, molti giovani son convinti che pubblicando si tiri avanti… non è così.
D: Ci sono molte differenze tra mercato editoriale italiano ed estero?
R: All’estero c’è cultura, in Italia no, l’ignoranza domina selvaggia.Da quel che vedo le riviste non hanno una radicale cultura di base come nel resto del mondo per la scelta fotografica. In Italia la figura del photoeditor è presente solamente nei colophon delle riviste. La cultura che esiste ad esempio negli States, ma anche solo in Germania o in GranBretagna è ben diversa dalla nostra. La figura dell’editor e del photoeditor sono divise e distinte. L’editor si occupa di contenuti, il photoeditor invece in modo super selettivo crea l’immagine di un magazine. Se si viene accettati dai photoeditor veri, devo dire che la soddisfazione è ben alta. In Italia invece è sempre stato il paese dell’improvvisata. Solo ultimamente vedo qualche mag, pochissimi, che iniziano ad avere una ricerca fotografica di un certo tipo, ma come spesso succede, andandosi ad appoggiare a professionisti esteri. Il resto è una marchetta continua, non esistono scelte oggettive, meritocrazia è un termine che non esiste. Se prendessi la residenza all’estero sono sicuro che sarei considerato diversamente dai fenomeni italiani, a prescindere. Agli italiani l’avere a che fare con uno di fuori ha sempre incuriosito, inflazionando automaticamente gli stessi fotografi italiani.
D: Il digitale ti ha aiutato o penalizzato nel tuo lavoro?
R: A livello propedeutico penso mi abbia aiutato un po. Dall’altra, se prima si consegnava la dia o il negativo e tutto era risolto, adesso devi per forza post produrre i tuoi lavori. La post produzione la gente forse non se ne rende conto ma porta via un sacco di tempo. É vero che il digitale ormai è accessibile a tutti, ma se vuoi lavorare in un certo modo , devi affrontare delle spese di conseguenza. Qualcuno sostiene che la pellicola fosse più costosa, io dico invece che il digitale in termini di tempo e usura apparecchi batte 10 a 0 la pellicola. Tuttavia scatto ancora in pellicola, più per i miei progetti personali che per lavoro. BN in medio formato e camera oscura mi permettono ancora di capire tante cose… non si finisce mai di imparare!
D: Personalmente credo che l’esplosione della fotografia digitale abbia aiutato i fotografi professionisti fornendo loro attrezzature sempre migliori a prezzi più accessibili e inoltre, molto più importante, abbia
rimarcato la differenza tra un amatore e un professionista a parità di attrezzatura a disposizione, qual’è il tuo pensiero a riguardo?
R: Ho imparato in fretta che l’attrezzatura e le dimensioni del tele non centrano nulla con la capacità fotografica e professionale di una persona. E i risultati che ho ottenuto nelle prime pubblicazioni all’estero, quando ancora non avevo un corredo superpro, han dimostrato che forse e prima di tutto si deve essere pro dentro. Dall’altra vedo che il digitale ha trasformato tanti amatori o appassionati in super finti professionisti… non so quanti siti internet mi è capitato di vedere, tutti di amatori che ancora prima di presentare le proprie immagini… presentano la lista del corredo fotografico… poveri repressi patetici!!! Dall’altra il movimento del mercato ha permesso però un evoluzione accellerata, prima del digitale vi ricordate i tempi con cui si presentavano nuovi corpi o nuove lenti? Secondo me non serve l’attrezzatura per definirsi pro; e poi se non si sa postprodurre, si possono avere le migliori materie prime in mano ma lasciando poi un lavoro a metà, incompiuto. Questo la gente spesso non lo sa…
D: Che vi dedicate alla foto degli action sport in Italia non siete molti e più o meno vi conosciamo tutti, a chi ti ispiri per i tuoi scatti e chi sono i fotografi stranieri a cui vorresti rubare qualche scatto?
R: Ho sempre cercato di prendere i migliori spunti da tutti, ho montagne di riviste di tutto il mondo in casa, ogni photo-annual di riviste come Powder, Freeskier, Transworld, Bike per citarne alcune. Le ho sempre divorate e consumate. Tutt’ora consumo un quantitativo di riviste che preferisco non quantificare … son sempre stato dell’idea che ci si deve ritrovare in un proprio stile personale e allo stesso tempo non c’è fretta per quello, quando arriva…Negli anni mi hanno sempre stupito i fotografi scandinavi per la capacità di gestire la loro poca luce che hanno, dall’altra il mercato americano è sempre stato, nel bene e nel male, il riferimento mondiale. In più mostre di fotografia d’autore, di BN, a parer mio sono i veri imput per un fotografo in fase di crescita. Se si cerca di crescere con le riviste italiane vai a rileggerti le risposte sopra…A.Adams sicuramente ha contribuito alla mia formazione, Weston, Avedon, HCB. Tutte menate pallose che molti giovani non considerano ma che possono insegnare qualcosa ancora prima di perdere tempo sui forum. Mi piacciono gli innovatori come Erik Seo, ma anche i completi e giovani come Cole Barash o i classici come Hespen Lidstad; l’operatività di Mattias Fredriksson e Chris O’Connell, che prima ancora di essere degli ispiratori e colleghi, sono dei grandi amici sempre disponibili a darti una dritta quando serve. Ah ecco, cosa di cui non si parla mai, la domanda te la faccio io… come mai all’estero la gente si mette in discussione, ti consiglia e si confronta, soprattutto agli eventi, invece in Italia son tutti chiusi in se stessi, orgoglioni dei loro zoom e pronti a regalarti una secchiata di acidità? Incapaci? Gelosi dei sacrifici? Timidi? ahahah
D: Qual’è l’ottica che preferisci per i tuoi scatti?
R: Non ho ottiche preferite, dipende dalle situazioni, dal periodo e dal tipo di lavoro. In Japan ho scattato per la maggior parte del viaggio con un 35mm fisso, talvolta il 50mm. Su neve e bike alterno 70-200 a fish-eye. Preferisco comunque i wide, mi danno l’impressione di poter raccontare un qualcosa di più oltre al gesto atletico, ambientare la scena e trasmettere quell’emotività che il digitale aveva quasi portato via. È anche vero però che la gestione dei piani che si ha con un tele è altra cosa.
D: se potessi avere a tua disposizione un campione di mountain bike del presente o del passato per una photo session chi vorresti? e se parlassimo di un altro sport chi vorresti fotografare?
R: Ho lavorato e lavoro tutt’ora con dei professionisti, quando mi va bene i pro sono anche dei miei grandissimi amici, e forse son le persone con cui mi diverto di più. Si arriva ad essere talmente affiatati che la pressione del produrre materiale o del portare a termine dei lavori, svanisce come niente. Mi è capitato anche di seguire produzioni video internazionali, e francamente se chi ho davanti è il fenomeno di turno, non mi è mai interessato. Ho la fortuna di riuscire sempre, quando prendo in mano la macchina foto, a rilassarmi e entrare in pace con me stesso, qualunque situazione sia. E questo devo dire che mi piace. Ho lavorato con Eric Pollard e Chris Benchetler questo inverno, coloro che hanno creato il movimento moderno della sciata in switch, e francamente lavorare con loro è come lavorare con qualunque altro professionista, amico o no che sia. I rider italiani con cui lavoro sono PRO, non hanno bisogno di nomi stranieri per esserlo. Per la Mtb scatto con amici, bravi, che poi siano pro o no è tutto relativo, io intanto mi diverto.
D: qual’è lo spot italiano in cui hai trovato gli scatti migliori?
R: Spesso si parte per andare chissà dove, gente che pianifica Alaska, l’heli trip in BC, il viaggio esotico a oriente, tutte esperienze totalizzanti e stimolanti, indispensabili per certi versi. Ma le foto più belle le ho poi realizzate qua sulle alpi, vicino casa, con gli amici. La cover di 4skiers 14 con Raffaele Cusini l’ho scattata dietro casa sua a Livigno a Gennaio, la foto verrà pubblicata anche all’estero.
D: Oltre alla mountain bike e agli action sport cos’altro ti piace fotografare?
R: Porto avanti dei miei progetti, scatto-sviluppo-stampo il bianconero, talvolta improvvisare session in studio porta ad avere nuovi stimoli.
D: Non voglio sindacare se sia meglio Nikon e Canon perchè non arriviamo più alla fine, ma tu che marca di attrezzatura usi e perchè?
R: Questa è la domanda del forumista segaiolo ?!?!? Scatto in Digitale con un corredo Nikon semplicemente perchè già a pellicola, non ricordo più per quale motivo, avevo preso nikon. Mi è capitato di prendere in mano Canon, penso siano delle buone macchine, ma non sapevo da dove iniziare a metter mano ai comandi… Nikon ultimamente permette di lavorare ad alti iso senza troppe paranoie e offre da sempre dei colori che a me piacciono. Associo al corredo digitale l’Hasselblad per il medio formato e una olympus 35mm per la pellicola per quando sono in giro. Forse una leica non mi dispiacerebbe per i miei viaggi.
D: Grazie per la disponibilità, a te la conclusione.
R: Ciao e grazie a te per lo spazio! Ragazzi anziché starvene al computer e ammazzarvi di pippe mentali, uscite a scattare! Non ci sarà un rider ad aspettarvi, ma imparerete molto di più che stare davanti a un monitor…