Al Trofeo Laigueglia vince Andrea Fedi, un altro bel “fiulin”
Si è arrivati al primo giorno di scuola.
Così si presenta da sempre, ed anche stamani (n.d.r. ieri), il Trofeo Laigueglia.
Le nuvole sospese, il mare crespo, ma rispettoso dell’antico borgo marinaro, un freddo pungente, quasi a ricordare al calendario la stagione in cui siamo, fanno arrivare i corridori al foglio firma sul filo di lana. Le squadre si ammassano di colpo, quasi per sentire più calore, i volti infreddoliti rendono gli atleti simili a chi lascia il molo per salpare, più che per inforcare la bici come compagna di strada.
Sarà tutto questo a far partire la corsa a spron battuto, a far sì che nei primi chilometri ci sia un attacco dietro l’altro, fino al nascere della fuga già da subito. Già da prima del mangia e bevi di Onzo e della rugosa e stretta erta verso Paravenna.
Le tre lepri sono Gaffurini della Norda, un Amore e Vita, che tiene il dorsale coperto dalla doppia mantella e Genki Yamamoto giapponese doc del team Nippo Fantini.
Il gruppo torna di colpo ad appisolarsi, sonnecchia, come i buoni scolari in attesa del primo scuolabus dell’anno, e lascia fare. Fioccano i minuti, quasi dieci.
A metà gara sul Capo Mele i tre passano nelle scie delle rispettive ammiraglia, con la scusa del rifornimento ne sfruttano la scia, ed il loro destino pare segnato. Yamamoto guarda il pubblico quasi a chiedere pietà, quasi a domandare scusa per l’azzardo che gli ha svuotato le gambe.
A bordo strada si mormora che con la pianura fino a Stellanello e l’arrampicarsi verso il totem del Trofeo, il Testico, prima salita in ordine cronologico del nostro ciclismo, i tre verranno riassorbiti.
Invece accade che uno di loro ha le forze per resistere fino al primo strappo di Colla Micheri, l’ascesa divenuta da necessità a virtù, e scoperta dagli organizzatori grazie al destino che la volle un paio di anni fa presente sul percorso a sostituire l’inagibile Aurelia nel tratto di Capo Mele.
Colla Micheri si arrampica in un toboga di tornanti e drittoni di forte pendenza a strapiombo su Laigueglia, spalancandone poco a poco il golfo, come nel tirare una tenda davanti ad un incantevole panorama.
Nel gruppo è subito sparpaglio, il forcing dei blu fuxia sbrana le lepri e il povero Yamamoto, finito nelle retrovie, si trova adesso a guardare con timore le ammiraglie, temendo di esserne tamponato.
La tortuosa discesa, mezza asciutta e mezza bagnata, fa ruzzolare a terra il ragazzo del borgo Nicolò Bonifazio.
Nel tratto di pianura prima di Andora, dove la lunga striscia di asfalto divede le serre di radicchio e le piante di una mimosa troppo precocemente fiorita, parte l’attacco di Edo Zardini e del FDJ Latour. I due collaborano e reggono ad un gruppo dove regna ormai una certa anarchia; la Lampre è sfaldata, i Nippo navigano a vista e gli uomini di Scinto e Citracca dosano le forze.
Capo Mele e di nuovo Colla Micheri.
Zardini regge in testa ed il gruppo riunisce le forze e ritrova la giusta frequenza, fino al ricongiungimento sul secondo Mele.
E’ poco dopo che si assiste ad un gesto tecnico di remota memoria. Scatto bruciante di Cunego alle prime rampe dell’ultimo Micheri. Fa il vuoto. Ulissi traina i superstiti ma si sfila, Cunego aumenta e tocca a Felline, oggi in azzurro, muoversi per ricucire.
Dietro accovacciati restano Grega Bole fresco vincitore di Donoratico, i due Sautheast Fedi e Busato e Colbrelli, capitano di giornata della banda Reverberi.
In discesa tutto si rimescola.
Piana di Andora e l’ultimo strappo di Capo Mele.
Parte subito Andrea Fedi, strappa Vichot, che gli salta a ruota. La Sautheast gioca la preziosa carta della superiorità numerica; gli altri corrono da isolati: Ulissi, Colbrelli, Felline, Gavazzi e Bole.
Gli attaccanti vengono ripresi in vetta da un generoso Ulissi.
Discesa e nuovo attacco in picchiata di Andrea Fedi. E’ un bel fiulin, direbbe Adorni. Sta un po’ alto sul mezzo ma la pedalata è redditizia, il compagno Busato lo protegge, e le forze dietro iniziano a mancare definitivamente.
Vince Andrea Fedi, secondo Sonny Colbrelli e terzo Grega Bole.
Il pubblico si accalca sotto il podio per la premiazione. Il bel fiulin fa trasparire sul viso un senso di stupore, quasi si trovasse fuori posto. Nelle interviste dichiara di aver faticato ad emergere, ma ha solo 25 anni e coraggio e senso tattico superiori.
Saprà ritagliarsi altri spazi e regalare altre soddisfazioni a chi, come lui, ha fatto tanti sacrifici. La dolce signora con in mano il mazzo di fiori, e l’uomo felice con in braccio il piatto di ceramica.
Suona la campanella, finisce il primo giorno di scuola, ed i genitori son venuti a prendere il loro bel fiulin che oggi è stato il più bravo della classe.
P.S.: in Francia c’è il Tour. La Parigi Nizza ne è una piccola copia, il Mediterraneo è il seme della matrioska delle gare a tappe d’oltralpe e non deve finire a Bordighera. Non perchè si conclude a pochi chilometri da Laigueglia, e nello stesso giorno, ma perchè si è sempre concluso sul Mont Faron, il totem della breve corsa a tappe della Costa azzurra. E chi, come chi scrive è sempre stato dalla parte degli indiani, ne difende i totem.
Di Mauro Percudani