Aperto un varco al crepaccio del Colle Vincent: sistemato il passaggio per la Capanna Margherita e le cime del Monte Rosa
Colle Vincent, 4.000 metri d’altitudine. C’era un alto muro di ghiaccio, fino alla notte scorsa, a interrompere e rendere difficoltosa la progressione lungo la via normale per la Capanna Margherita e le cime alte del Monte Rosa.
Tre metri e mezzo di dislivello, preceduto da un largo taglio che percorre longitudinalmente tutto il pendio: troppo, per un passaggio da effettuare ramponi ai piedi. Ma da ieri mattina il problema è risolto. Un team di professionisti locali ha infatti portato a termine con successo una complessa e delicata missione finalizzata a riaprire, mettendolo in sicurezza, il tratto. Salite di prima mattina, le Guide alpine di Alagna e di Gressoney, in collaborazione con i gestori dei rifugi Gnifetti, Mantova hanno ridato forma all’attraversamento del punto critico, aprendo letteralmente un varco fisico a suon di picconate sui bordi del crepaccio: uno sforzo che ha comportato alcune ore di estenuante lavoro, reso ancor più duro dalle difficoltà imposte dall’alta quota. Con questo risultato, la via per le massime altitudini della catena montuosa è nuovamente percorribile senza soluzione di continuità.
Un risultato importante, per gli amici del Monte Rosa che, negli ultimi giorni, avevano temuto per le conseguenze del caldo anomalo sulla stagione alpinistica in pieno svolgimento. Quella in corso sul Rosa, come del resto su tutte le Alpi, è infatti un’estate che non sarà scordata facilmente: solo pochi giorni fa, le colonnine di mercurio hanno fatto registrare qualcosa come 8 gradi sopra lo zero alla Capanna Margherita, rifugio più alto d’Europa con i suoi 4.554 metri d’altezza. Un evento inedito e in parte incredibile, che ha contribuito a creare condizioni particolari su tutto il ghiacciaio, non ultima la formazione del forte dislivello nei due bordi del crepaccio di colle Vincent. Ma le speranze di tutti i professionisti che ogni giorno lavorano su queste cime, e che di conseguenza conoscono perfettamente le condizioni della zona, sono ottimistiche: “Ci auguriamo che l’anomala ondata di caldo si esaurisca in breve tempo – spiegano le guide alpine locali, per le quali la salita alla Capanna Margherita rappresenta uno degli itinerari più classici e amati – e che il ghiacciaio possa tornare presto alla sua vita naturale. In ogni caso – tengono a puntualizzare – resta fondamentale, per chiunque decida di affrontare un’ascesa su questi monti, seguire le più importanti ed essenziali regole di sicurezza”. Il riferimento, molto chiaro, è alle prescrizioni base che ogni alpinista, neofita o esperto che sia, deve rispettare per evitare rischi per la propria e altrui incolumità: dalla necessità di massima prudenza durante il percorso all’importanza, cosa (incredibilmente) molte volte ancora non rispettata, di legarsi in cordata su ghiacciaio, in modo da affrontare in sicurezza e con prontezza un’eventuale caduta in crepaccio. Ma non solo. “Bisogna tenere ben presenti anche gli orari – chiariscono ancora le guide alpine -. Sebbene le condizioni generali delle varie vie normali non siano di per sè preoccupanti, è importantissimo procedere di notte e durante le prime ore della giornata, quando le condizioni della calotta glaciale sono migliori. Con queste condizioni climatiche, l’arrivo ai rifugi o alle varie destinazioni non deve, di regola, superare il primissimo pomeriggio”. Sopra ad ogni suggerimento, infine, vale sempre la regola principale: qualora si desideri salire in quota ma non ci si senta all’altezza di un’ascensione autonoma, è fondamentale affidarsi a una guida alpina, le cui competenze consentono sempre e comunque di valutare le condizioni del ghiacciaio, nonché di attuare i migliori accorgimenti durante la salita.
A riprova della straordinarietà del momento per i ghiacci del Rosa, sono gli aneddoti storici a raccontare quanto l’estate in corso sia unica. Ovidio Raiteri, storico alpinista valsesiano, tra i maggiori frequentatori e conoscitori di queste cime, racconta di essere salito in questi giorni alla Capanna Gnifetti, classico punto d’appoggio, a 3.647 metri d’altitudine, per la capanna Margherita. “Ho messo piede su questi ghiacci per la prima volta nel 1945 – racconta – e, dopo tante, tante ascese, posso dire di non aver mai visto una sola volta il ghiacciaio in queste condizioni. In quei lontani anni del Dopoguerra, con gli amici Aldo Benoni, Franco Bonardi e Ottavio Festa salivamo anche un paio di volte al giorno dalla Gnifetti alla Margherita, portando su viveri di conforto e tornando con le cartoline da spedire. Arrivavamo là, portavamo il nostro saluto alla guida di Gressoney Caio Vincent, e lo ascoltavamo comunicare via radio al campo aviazione di Linate le condizioni di temperatura e nuvolosità in quota. Ma allora tutto era diverso. Il ghiacciaio era liscio, semplice, percorribile senza problemi. Ora è tormentato e rischioso: non qualcosa di cui avere paura, ma qualcosa che, rispetto a un tempo, bisogna affrontare ancor più con preparazione e consapevolezza”.
Di Veronica Balocco