CleanAlp: i dati della raccolta dei rifiuti sulle montagne piemontesi
Il progetto CleanAlp prevede la raccolta dei rifiuti abbandonati in montagna e quella dei dati relativi alla loro quantità e tipologia, al fine di sensibilizzare i cittadini comuni, gli operatori che lavorano in montagna ma anche i legislatori e e le aziende produttrici di packaging.
Lattine vecchie di quarant’anni, sacchetti contenenti deiezioni di cani o assorbenti usati, pneumatici e addirittura parecchie paia di mutande. Sono alcuni dei rifiuti più curiosi trovati durante la campagna del progetto CleanAlp che negli ultimi due anni ha battuto palmo a palmo le montagne del Piemonte, per raccogliere dati e informazioni sull’inquinamento da rifiuti nelle terre alte.
Un progetto unico al mondo
Si tratta del primo e fin qui unico studio al mondo che riguarda l’inquinamento da plastica, e da altri rifiuti, sulle montagne spiega Franco Borgogno. ideatore e coordinatore del progetto, nonché guida naturalistica delle Aree protette delle Alpi Marittime.
Ma come è nata l’idea? Personalmente lavoro da una decina di anni sui temi dell’inquinamento da plastica e in quest’ambito ho partecipato per l’European Research Institute a spedizioni al Circolo Polare Artico, sulle spiagge del Mediterraneo e lungo i fiumi. La mia passione però è la montagna ed è quindi stata una naturale conseguenza passare ad occuparmi dei rifiuti abbandonati sulle cime della mia regione, anche perché ad oggi non esistono dati relativi alla diffusione dei vari materiali in ambito naturale e selvaggio spiega Borgogno.
L’identikit dei rifiuti in montagna
La ricerca e il ritrovamento dei rifiuti in montagna è abbastanza semplice proprio per la morfologia degli ambienti prosegue Borgogno. Si tratta di materiali che sono stati portati da posti vicini, a differenza dei rifiuti che si trovano in mare, trasportati dal moto ondoso per migliaia di chilometri, e dunque anche la prevenzione del problema è meno complessa. I ritrovamenti in montagna ci raccontano di come siano cambiate le abitudini delle persone nel tempo. Anni fa era abbastanza comune nascondere i rifiuti fra le pietre, mentre oggi fortunatamente questo non avviene quasi più. Vuol dire che, almeno in parte, è aumentata la consapevolezza ecologica, non che siano sparite le cattive abitudini, però, come quella di gettare a terra i mozziconi di sigaretta. E’ interessante notare come all’origine ci siano spesso distrazione e superficialità. Trovare mutande abbandonate in quota non è raro: durante le nostre ricerche ne abbiamo rinvenute almeno una decina di paia, così come innumerevoli altri oggetti che gli escursionisti hanno perso inconsapevolmente dagli zaini o dalle tasche delle giacche durante il cammino, magari nell’atto di prendere il fazzoletto. A questo proposito è importante la partecipazione dei cittadini alle nostre attività, proprio perché diventa un’occasione per riconoscere le cattive abitudini e mettere in pratica piccole accortezze per evitarle. La maggior parte dei materiali sono plastici ma non mancano lattine e scatolette, anche vecchie di quarant’anni. Paradossale poi la presenza di assorbenti, preservativi o feci di cane contenuti in sacchetti d plastica diligentemente chiusi ma poi abbandonati e non riportati a valle. Il 30% dei rifiuti è vecchio di 40 anni e oltre.
Un progetto di Citizen Science
E proprio la citizen science, vale a dire la partecipazione volontaria dei cittadini, è una delle caratteristiche vincenti del progetto. Chi è interessato può prendere parte alle escursioni, accompagnato da guide (tra cui lo stesso Franco Borgogno) contribuendo alla raccolta dei rifiuti (che vengono sempre portati a valle) e anche alla compilazione dei dati relativi a tipologia e quantità dei rifiuti trovati. E’ possibile seguire le iniziative sui social e ricevere notizia delle escursioni sulla propria posta elettronica.
I dati del progetto CleanAlp
I primi risultati del progetto sono stati presentati in una conferenza stampa svoltasi a dicembre in cui sono stati resi noti i dati raccolti su 500 km di sentieri ad alta quota in 2 anni di lavoro. Per ogni chilometro di escursione sui sentieri alpini è stato raccolto quasi mezzo chilo di rifiuti, in gran parte di plastica.
I fazzoletti di carta sono l’oggetto più ricorrente (in tutto 1832, cioè 3.75 ogni km), seguiti dai mozziconi di sigarette (1307, 2,67/km). Sono però le confezioni per gli alimenti ad essere di gran lunga la tipologia più numerosa: (2713, 5,55 a km). Il progetto, partito due anni fa è ancora in corso e si concluderà a giugno 2024.
Le escursioni oggetto della ricerca scientifica sono state 46 su tutto l’arco alpino nord-occidentale, in 26 vallate dal Parco Nazionale della Val Grande, al confine tra Piemonte, Lombardia e Svizzera, alla Val Tanaro, al confine tra Piemonte, Liguria e Francia. Sono stati complessivamente trovati e smaltiti 203 kg di rifiuti, anche grazie a 810 volontari coinvolti. L’escursione più pulita è stata quella effettuata sul Sentiero dei fiori in Valle Stura (Cuneo): 0,265 kg su 14,82 km. Quella con il carico maggiore il Monte Barone in Val Sessera (Biella), con 20,695 kg in 14,1 km. A fronte di un sentiero piuttosto pulito, abbiamo trovato una grande quantità di rifiuti – almeno 15 kg. – nei pressi di un alpeggio e altri 4 kg. proprio tra le rocce della vetta.
Il progetto è stato organizzato dalla Fondazione European Research Institute (E.R.I.), organizzazione no profit fondata nel 2011, di cui Borgogno è Project Manager, che si occupa di ricerca, sperimentazione e comunicazione per l’innovazione in campo scientifico, ambientale e sociale. A CleanAlp hanno contribuito le Aree Protette delle Alpi Marittime, il Parco del Monviso, il Parco Naturale Mont Avic e l’Associazione Gestori Rifugi alpini del Piemonte (AGRAP).
Il progetto è poi risultato vincitore di un bando di finanziamento dell’EOCA-European Outdoor Conservation Association.
L’Associazione fa parte delle rete mondiale Breakfree from plastic che riunisce studiosi impegnati nella promozione di leggi ad hoc e nella collaborazione con le aziende per progettazione e realizzazione di packaging meno impattante. Il progetto ha realizzato, oltre alla ricerca, attività educative con le scuole, formazione destinata ai professionisti della montagna (gestori dei rifugi alpini, guide, personale dei parchi, operatori turistici ecc…), organizzazione di eventi aperti (talk, spettacoli, mostre) e comunicazione (200mila visualizzazioni dei post su Facebook e Instagram).
Fonte Piemonte Parchi