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Ore drammatiche su le Grandes Jorasse al Monte Bianco: due alpinisti francesi dispersi da 6 giorni, impossibili le operazioni di soccorso – Courmayeur (AO)


Sì, è permesso sperare», dice il comandante dei gendarmi di alta montagna di Chamonix Jean-Baptiste Estachy. Ma dove sono Charlotte e Olivier, sperduti da sei giorni sulle Grandes Jorasses? Estachy allarga le braccia: «Non li abbiamo trovati». Per un’ora, dalle 11 a mezzogiorno, la Walker, ultima vetta orientale raggiunta giovedì dalla guida Olivier Sourzac e dalla cliente Charlotte Demetz, spunta improvvisa sul versante francese tra nubi tormentate dal vento. Una guida-gendarme e un medico balzano sull’elicottero che vola verso lo squarcio di sereno. I due vengono calati poco sotto la vetta sulla parete italiana, dove scendono canali di roccia. Lì erano bloccati i «naufraghi» venerdì a mezzogiorno, quando Olivier ha telefonato per l’ultima volta ai soccorsi.

Allora il vento era insopportabile e la guida doveva gridare, diceva di stare bene ma che Charlotte era sfinita. «Vado verso la mia destra, verso il serracco Whymper, per scavare una buca». Adesso le rocce sono coperte da oltre mezzo metro di neve, un dedalo scomposto di geometrie emerse dalla fantasia. E non hanno tracce umane, soltanto improvvisi corridoi neri, segno di colate e valanghe. «Ce n’est pas la peine de continuer», dicono alla radio guida e medico, dopo essere scesi in verticale, affrontato qualche traverso. Non val la pena proseguire, perché il pericolo è grande e la parete troppo vasta per essere ispezionata. Non c’è tempo, il vento torna, risalgono le nubi dal ghiacciaio Leschaux. Estachy spiega: «In questa situazione è più efficace il sorvolo piuttosto che cercare a piedi. Siamo riusciti a vedere la parte alta delle Jorasses, da circa 3900 metri fino alla vetta, ma purtroppo nessuna traccia di loro».

Altri due tentativi, uno rientrato ancora prima di raggiungere la montagna, l’altro nel pomeriggio di qualche minuto, ma senza esito. A Courmayeur guide e finanzieri del soccorso alpino sono pronti, aspettano la schiarita che non verrà, la luce per tutta il giorno è da crepuscolo. Impossibile volare, impossibile fare alcunché, se non restare occhi al cielo, scambiarsi informazioni con i colleghi francesi via radio. Oggi è annunciata una tregua del maltempo nel pomeriggio. «Speriamo – dice il capo del soccorso alpino di Courmayeur Oscar Taiola -, ma ci vuole almeno mezz’ora per tentare. Ho paura che la giornata giusta sarà mercoledì, quando le nubi lasceranno più spazio all’azzurro».

Il timore è che sia tardi per quella cordata da troppo tempo a 4000 metri senza più viveri e in mezzo a una parete tormentata dai ghiacciai e continue cadute di valanghe. Charlotte e Olivier potrebbero essere sotto i 3900 metri dove le nubi non lasciano le Jorasses, forse stanno tentando un difficile rientro. Sarebbe una spiegazione del perché le guide-gendarmi non li hanno visti, oppure sono allo stremo delle forze in quella buca che Olivier aveva deciso di scavare per ripararsi dal vento e dal freddo. La terza possibilità è che i due siano a Est e non a Ovest, verso la cresta Des Hirondelles.

I soccorritori hanno concordato ieri pomeriggio in un vertice a Courmayeur che potrebbero essere là, sulla cresta dove erano spuntati superando la parete Nord giovedì mattina. Guido Azzalea, presidente delle guide valdostane, nella sala del Consiglio di Courmayeur che ha come sfondo una gigantografia del massiccio del Monte Bianco, mostra la parete delle Jorasses dove sono spariti Olivier e Charlotte. Dice: «Ha dimensioni enormi e loro potrebbero essere ovunque, per quanto ne sappiamo». Alessandro Cortinovis, capo del soccorso valdostano, aggiunge: «È una montagna complessa anche sul nostro versante che dal punto di vista tecnico è più facile di quello francese».

Per risalire la parete italiana, tra lingue glaciali e salti di roccia ci vogliono tra le 8 e le 10 ore partendo dal rifugio Boccalatte, a 2800 metri, dove il fratello di Olivier, Bruno, con altre sette guide erano rimasti due giorni sperando di poter raggiungere la vetta. Taiola spiega: «Vorrei sgomberare il campo da possibili equivoci, non siamo andati a piedi perché il rischio era esagerato. E un grande pericolo su entrambi i versanti c’è anche in elicottero con condizioni così perturbate». Estachy conferma e aggiunge: «È comprensibile che Bruno abbia tentato, così come gli amici di Olivier, ma noi dobbiamo calcolare il rapporto beneficio-rischio. Di fronte a un pericolo di questo genere non si può mettere a repentaglio la vita dei soccorritori».

Fonte lastampa.it

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.